Emergenza coronavirus: è legittimo uscire di casa per donare sangue. Ed è anche necessario, perché è drammatica la situazione sul versante delle scorte: sono in difficoltà anche regioni virtuose come l'Emilia Romagna e il Friuli-Venezia-Giulia, da sempre ancora di salvataggio di regioni come il Lazio.
QUI L'ELENCO COMPLETO DEI CENTRI PER LA DONAZIONE SANGUE NEL LAZIO: INDIRIZZI, ORARI, NUMERI DI TELEFONO
Non sono direttamente i malati di coronavirus e le loro terapie, in genere, a erodere le scorte di sacche: è che nelle scorse settimane è precipitato il numero di donatori per il progressivo estendersi delle limitazioni alla mobilità che in realtà non hanno mai riguardato e non riguardano i donatori. E chi è abituato a questo gesto sa che i percorsi per le donazioni negli ospedali sono sicuri. Inoltre adesso le precauzioni sono state accresciute.
Il calo dei donatori, molti dei quali sono casa in telelavoro (o, peggio, perché la loro attività è sospesa) non è compensato nemmeno dall'effettiva diminuzione di feriti gravi che hanno bisogno di sangue o plasma in seguito ad esempio a incidenti stradali.
Ma non sono per nulla calati coloro che hanno croniche necessità come le persone che stanno seguendo chemioterapie. Ecco perché i donatori abituali devono tornare a donare mentre quelli che non lo sono devono avvicinarsi a questa pratica riservata e consigliata a tutti coloro che sono maggiorenni e in salute. No, almeno per ora, il vasto numero di analisi che gratuitamente ricevono i donatori non comprende il tampone per il coronavirus, ma comunque è assai positivo avere sotto controllo la propria salute ogni tre mesi (due nel caso della donazione di plasma).
In molti centri, dopo l'appello di questi giorni da parte della protezione civile raccolto anche da tanti personaggi famosi, la situazione è cambiata: si sono rivisti i donatori abituali e ne sono arrivati dei nuovi , il che ha causato qualche problema di sovraffollamento, mentre magari nei prossimi giorni, esaurito l'effetto appello, le presenze caleranno di nuovo. Il consiglio è di telefonare (con pazienza perché molti dei ruoli in questi centri sono svolti da generosi volontari) per prenotare e chiedere informazioni.
Chi dona - va ricordato - ha diritto alla giornata di riposo, anche se la questione attualmente è in realtà inutile per molti.
Ma si può donare se si proviene da quelle che fino a pochi giorni fa erano zone rosse o arancione?
Se ci si sente in buona salute, ma non si può escludere di essere stati a contatto con un contagiato (chi lo può escludere, del resto?), è buona pratica attendere 15 giorni, passati presumibilnente in casa e comunque con molte meno possibilità di contagi, prima di donare. In questo modo si evita anche l'affollamento di questi giorni e si garantiscono donazioni in un arco più esteso di tempo.
La situazione
In tutta Italia comunque la situazione è critica. Già nella prima settimana di marzo, quando ancora le misure contro l'epidemia di coronavirus non erano state varate, mancavano 2mila sacche di sangue, e il problema è peggiorato nei giorni successivi, con molte persone che non sono andate a donare, un po' per la paura del virus un po' perché non era chiaro se fosse possibile uscire per andare ai centri di raccolta. Ora invece è chiarissimo che per donare sangue è legittimo uscire di casa.
In queste ore, dopo che ieri ha affrontato il tema anche il commissario della protezione civile Angelo Borrelli, il tema è rimbalzato anche sui social, con appelli a donare anche da parte di persone famose, oltre che di politici da Salvini a Di Maio.
Nella settimana tra il 2 e l'8 marzo sono state raccolte 2mila sacche di sangue in meno rispetto al fabbisogno, segnala Giancarlo Liumbruno, direttore generale del Centro Nazionale Sangue (Cns), circa il 10% in meno di quanto necessario. «Si è riusciti a mantenere il sistema in equilibrio grazie alla compensazione interregionale - spiega - alle scorte e al fatto che in molte aree sono stati rinviati gli interventi non urgenti, ma se il trend rimane sarà impossibile garantire il fabbisogno, che normalmente è di circa 48mila sacche alla settimana consumate per circa 1800 pazienti al giorno». Tra le regioni in rosso, ha ricordato il presidente di Avis Lombardia Oscar Bianchi, c'è anche quella "epicentro" dell'epidemia. «In Lombardia la produzione è stata di 7.712 unità a fronte di un consumo di 8.275, quindi abbiamo utilizzato 563 sacche in più - spiega - dei 2 milioni di sacche di sangue e plasma prodotte ogni anno nel nostro Paese, 500mila, ben un quarto, vengono dalla Lombardia.
Coronavirus, l'appello funziona: tutti in fila all'Avis per donare sangue
Non solo il territorio lombardo è autosufficiente in questo campo, ma contribuisce storicamente alle necessità di altre zone, in particolare Lazio e Sardegna.