A Cassano domande assurde sui gay:
deve solo aiutarci a battere la Croazia

Mercoledì 13 Giugno 2012 di Edoardo Pittalis
Cassano durante la conferenza stampa contestata sui gay (Ansa)
Antonio Cassano uno che ha scritto due libri: “Ne ho scritto pi di quanti ne abbia letti”, ha detto una volta. Ed era sincero. L’ex ragazzo della Bari vecchia non famoso come intellettuale, semmai come centrocampista di un certo talento e per come si muove in mezzo al campo. È anche pagato per quello che sa fare coi piedi, non certo per la profondità dei pensieri.



Ne ha combinate tante e non sempre di talento, il termine “cassanata” non è stato coniato a caso dai cronisti sportivi. Ha anche rischiato di finire fuori gioco per una malformazione cardiaca, è riuscito a farcela e non soltanto ha ripreso a giocare, ma anche riconquistato il suo posto in Nazionale. Ecco, Cassano va bene quando muove i piedi, calcia, inventa. Molto meno quando spara parole in libertà.



Non è un affabulatore raffinato, ha pochissimo senso chiedere a Cassano cosa pensa dei gay nel calcio e se ce ne sono nel giro azzurro, seguendo le dichiarazioni di Cecchi Paone che probabilmente ha un nuovo libro da lanciare. Cassano ha risposto senza pensare, con un po’ d’ironia e con molti scivoloni su un tema. Alla fine ha chiesto scusa. Dovrebbe limitarsi a rispondere di calcio e sul calcio. Sbagliano, però, anche quelli che pretendono da Cassano risposte su temi come questo. Ci aspettiamo una domanda sullo spread e un’altra sugli esodati. A meno che non si voglia l’effetto a ogni costo. Effetto raggiunto perché per qualche ora non si è parlato di calcio e nemmeno dei risultati delle partite, ma tv e giornali sono stati occupati dal Cassano-pensiero sull’omosessualità. Fino alla profondissima conclusione: “Sono fatti loro”.



Sono fatti nostri, invece, quelli che Cassano mostrerà sul campo. Ai suoi piedi sono affidate molte speranze dell’Italia di Prandelli a incominciare dalla partita con la Croazia. Vietato perdere se si vuole proseguire negli Europei. I croati hanno incominciato strapazzando gli irlandesi e messo in mostra il loro SuperMario, Mandzukic. Avversari ostici, ai mondiali del 2002 la Croazia ha rimontato sull’Italia passata in vantaggio con Bobo Vieri e l’ha piegata con gol di Olic e Rapaic. Da quel momento al Trap le cose sono andate male, non è servita nemmeno l’acqua benedetta.



In sei incontri l’Italia ha battuto la Croazia una sola volta e per ripescare quella vittoria bisogna andare davvero indietro nel tempo, a 70 anni fa giusti, in piena guerra mondiale. L’Italia fascista aveva occupato con i tedeschi la Jugoslavia e nella divisione si era presa la Croazia trasformata in uno stato collaborazionista affidato agli Ustascia di Ante Pavelic. Mussolini pensava a uno stato da annettere e Vittorio Emanuele III aveva imposto la corona del fasullo regno di Croazia sulla testa del duca Ajmone di Spoleto, il padre di Amedeo di Savoia. Avrebbe dovuto chiamarsi Tomislao II, nome improbabile più adatto a un’operetta. Uomo altissimo che sovrastava quasi dalla cintola il parente imperatore, sportivo, amante dei motori, amico di Tazio Nuvolari. Ma uomo prudente che in quel regno non metterà mai piede.



Per cementare l’amicizia si pensò anche a una partita di calcio tra le due squadre nazionali. Così il 5 aprile 1942, una domenica, a Genova, arbitro il tedesco Fink, scesero in campo l’Italia allenata da Vittorio Pozzo e la Croazia. Finì 4 a 0 con gol di Gabetto, Pietro Ferraris, Biavati e Grezar. Una formazione nella quale - oltre alla difesa forte dei collaudati Foni, Rava e Andreolo - esordivano in azzurro due giocatori del Venezia: il fiumano Ezio Loik e il lombardo Valentino Mazzola. Dopo aver portato il Venezia a un passo dal Paradiso i due diventeranno la base del Grande Torino. Lo sport quella volta non servì nemmeno a far sorridere in piena tragedia, la guerra in Croazia sarebbe stata atroce e terribile.



Settant’anni dopo è un mondo diverso, la Jugoslavia non c’è più, la Croazia è rinata come nazione indipendente e anche come nazionale di calcio capace di un terzo posto ai mondiali di Francia del 1998, grazie a campioni come Boban e Suker. La storia è strana, si diverte a ricordarci sempre quello che siamo stati. Da allora l’Italia insegue la seconda vittoria sulla Croazia. Questa volta è necessaria per continuare a sognare. Non si tratta di trovare un re fasullo per un regno inesistente, ma un talento vero che ispiri il gol. Potrebbe essere Cassano e sarebbe il modo migliore per far dimenticare le parole in libertà.
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