Anziché smaltire i fanghi secondo le procedure di legge aggiravano le norme in ogni modo.
L'attività riguarda appunto la A&a Spa, società che gestisce il depuratore consortile, unico bacino collettore dei reflui di circa 200 aziende del Frusinate e di numerosi comuni. Due i filoni di un'indagine destinata a non essere finita qui. Nelle 134 pagine dell'ordinanza di custodia firmata dal giudice delle indagini preliminari Tamara De Amicis ci sono diversi omissis che lasciano intendere la presenza di possibili ulteriori accertamenti.
Il primo filone è riferito all'attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: viene contestato agli indagati di avere abusivamente gestito ingenti quantità di rifiuti speciali consistiti in fanghi da depurazione in assenza di adeguato trattamento. Vale a dire che venivano smaltiti direttamente presso una discarica situata in Toscana, senza garantire il trattamento necessario a ridurre i pericoli per la salute e per l'ambiente. Così la società produttrice dei fanghi, secondo gli investigatori, conseguiva un notevole profitto derivante dal risparmio ottenuto per il mancato trattamento. Gli stessi rifiuti venivano inoltre classificati come non pericolosi, mediante attribuzione di un codice Cer non adeguato.
L'altro filone riguarda l' inquinamento ambientale e si riferisce ai reflui dell'impianto di depurazione che vengono rilasciati nel fiume Sacco. Le indagini si sono concentrate sulle criticità che presenterebbe l'impianto, nonché l'inadeguatezza dei controlli sui reflui che confluiscono nell'impianto che non avrebbe potuto depurarli efficacemente «con conseguente continua, e significativa, violazione dei limiti tabellari stabiliti per i reflui dello scarico finale nel fiume».
L'inchiesta ha accertato che nel 2020 le stesse analisi effettuate dalla società che gestisce il depuratore riportano ben 328 sforamenti, mentre nei primi mesi del 2021 gli sforamenti erano arrivati a ben 181. I responsabili della società erano a conoscenza della situazione, tanto da inviare agli enti numerose comunicazioni di «scarico anomalo», senza però adottare «azioni correttive per evitare il costante rilascio di inquinanti nel corpo recettore, con conseguente inquinamento del fiume Sacco». Per l'impianto è stato nominato un custode giudiziario, sono stati sequestrati beni e quote sociali pari a 1 milione di euro riferiti alle società A&A, Navarra Spa, Ecofor service e Orione srl. Attesi gli interrogatori, tra i legali degli indagati gli avvocati Sandro Salera, Paolo Marandola e Domenico Marzi.