Frosinone, il primario di Rianimazione dello "Spaziani": «Così è guarito il primo paziente Covid della Ciociaria»

Mercoledì 15 Aprile 2020 di Annalisa Maggi
La dottoressa Sandra Spaziani

Il primo paziente Covid in terapia intensiva all’ospedale di Frosinone è tornato a casa. Dopo 26 giorni di cure nel reparto di anestesia e rianimazione del nosocomio del capoluogo, Mario (nome di fantasia), 47enne residente in un piccolo Comune montano del nord Ciociaria, ieri pomeriggio è stato dimesso ed è tornato in famiglia.

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«Ci ha salutato dalla barella del 118 mandandoci baci, è stato un momento bello ed emozionante» ci racconta Sandra Spaziani, direttrice responsabile del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Frosinone e medico sociale del Frosinone Calcio.


«Era arrivato il 20 marzo scorso al pronto soccorso con una grave insufficienza respiratoria»,
ci dice la dottoressa Spaziani che con gli altri medici e infermieri del reparto si è presa cura di uno più giovani pazienti Covid dello Spaziani. L’esito della Tac e del tampone avevano confermato la positività al Coronavirus. Intubato e collegato al respiratore automatico, Mario ha seguito il protocollo sperimentale iniziando il lento percorso di cure che lo hanno portato alla guarigione.

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«Dopo due settimane, quando gli abbiamo tolto il tubo e si è reso conto di quello che gli era accaduto e dove si trovava – continua il racconto della Spaziani – si è agitato molto. Ha resistito ancora una settimana in reparto e non è facile considerato che, ormai sveglio, assisteva a tutti i nostri interventi sugli altri pazienti alcuni dei quali sono morti. Sabato scorso, poi, ha rivisto la moglie e la sorella dalla vetrata. Altri due giorni e, visto il miglioramento delle condizioni fisiche, è stato deciso di dimetterlo. A casa continuerà la terapia cortisonica a scalare – aggiunge la direttrice della rianimazione – poi sarà seguito dalla struttura di igiene pubblica della Asl».

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La dottoressa Spaziani ieri non ha trattenuto le lacrime. «Quello che stiamo vivendo, oltre a un’emergenza sanitaria – ci confida la specialista – è un dramma sociale e un dramma della solitudine. I pazienti sono soli in reparto, muoiono anche soli. Vedono solo noi operatori sanitari infilati dentro i nostri dispositivi di sicurezza. E anche noi torniamo a casa ma viviamo lontani dalle nostre famiglie per il timore del contagio».

Mentre la dottoressa parla di quello che sta vivendo, si avverte la sua stanchezza. «Si – ammette – sono molto stanca. Abbiamo ricoverato i primi pazienti Covid il 7 marzo e da allora è stato un via vai con un carico di lavoro che ogni giorno prevede un notevole sforzo fisico e psichico. Mi chiedo spesso quale peso psicologico stiano sopportando i colleghi delle zone più colpite. In 40 anni di servizio non avevo mai visto niente di simile e spero di non vederlo mai più. Mi auguro che la gente capisca, perché se solo potesse vedere cosa combina nei polmoni questo virus non uscirebbe nemmeno per fare la spesa».

Lasciamo la Spaziani mentre sta per rientrare a casa. Sono le 17, aveva cominciato il turno ieri mattina alle 8.
 

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