Mar Rosso, allerta importazioni. Bankitalia: a rischio il 16% dell'import italiano. Palazzo Chigi pronto a schiarare Sace

Il governo si prepara a intervenire a difesa delle Pmi italiane su due fronti

Sabato 20 Gennaio 2024 di Francesco Bechis e Rosario Dimito
Mar Rosso, allerta importazioni. Bankitalia: a rischio il 16% dell'import italiano. Palazzo Chigi pronto a schiarare Sace

Gli attacchi degli Houthi, il gruppo armato sciita dello Yemen, alle navi mercantili nello stretto di Bab el-Mandeb, all’imbocco del Mar Rosso, mettono a rischio l’import dell’Italia. «Secondo nostre stime basate su dati relativi al 2022, il trasporto navale attraverso il Mar Rosso riguarda quasi il 16% delle importazioni italiane di beni in valore», si legge nel Bollettino numero 1 di Bankitalia diffuso ieri.

Per questo il governo si prepara a intervenire a difesa delle Pmi italiane su due fronti. Il primo: una missione navale Ue anti-Houthi. Ieri sera le diplomazie di Francia, Germania e Italia hanno firmato un documento comune in cui si chiede di «rafforzare la presenza europea nell’area per garantire la libertà di circolazione e difendere la libera circolazione dei beni». L’obiettivo, spiega l’appello che i tre Paesi porteranno al tavolo del Consiglio affari esteri a Bruxelles lunedì, è estendere e potenziare la missione Agenor «già operativa nell’area». Il secondo fronte è invece economico. Se la crisi dovesse prolungarsi, Palazzo Chigi mobiliterà la Sace per ammortizzare i gravi rincari assicurativi abbattutisi in queste settimane sulle piccole e medie compagnie mercantili. 

PIL E COSTO DELLA VITA

Sulla rotta divenuta calda transita una larga parte degli acquisti di beni dalla Cina, dalle altre economie dell’Asia orientale e dai paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche. «Un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda arriva attraverso il Mar Rosso», si legge nel report, «l’incidenza è elevata anche per le importazioni di petrolio greggio e raffinato e per quelle di prodotti metalmeccanici, che costituiscono quasi il 30% degli acquisti dall’estero del Paese. La rilevanza di tale rotta per le esportazioni è invece sensibilmente più bassa: vi transita circa il 7% delle merci in uscita dall’Italia». Bankitalia spiega che «se il rischio di attacchi alle navi mercantili rimanesse alto anche nei primi mesi del 2024, la necessità di seguire rotte alternative si tradurrebbe in un allungamento dei tempi di consegna per le merci importate via mare dall’Asia (con conseguenti ripercussioni sulle catene di produzione) e in un ulteriore aumento dei noli marittimi». Per quanto riguarda questi ultimi, a metà gennaio l’indicatore composito world container index elaborato da Drewry era più che raddoppiato rispetto a novembre, pur restando di poco superiore alla metà della media eccezionalmente elevata del biennio 2021-22.

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Via Nazionale fa una fotografia macroeconomica. L’economia italiana ha segnato il passo alla fine del 2023 «con un Pil che è salito dello 0,7% nell’anno e, anche per il 2024, la crescita sarà pari a un +0,6%», si legge nel Bollettino che ricalca l’analisi del governatore Fabio Panetta mercoledì 17 nel suo intervento davanti ai grandi banchieri italiani riuniti nell’esecutivo Abi. Così il bollettino illustra la fase di rallentamento, con la crescita «che è stata pressoché nulla alla fine del 2023». Nel 2024 «l’attività economica si rafforzerebbe gradualmente, sostenuta dalla ripresa del reddito disponibile e della domanda estera». La fine del Superbonus peserebbe sugli investimenti. «La discesa dell’inflazione si è accentuata e si è estesa ai beni industriali non energetici e ai servizi» si legge nel bollettino economico che stima come l’aumento dei prezzi al consumo si ridurrà all’1,9 per cento nel 2024 (dal 5,9 nel 2023), per poi scendere gradualmente fino all’1,7 nel 2026. L’inflazione di fondo diminuirà al 2,2 per cento nell’anno in corso (dal 4,5 nel 2023) e si porterà sotto il 2 per cento nel biennio successivo.

L’ALLERTA A CHIGI

Sono questi numeri a guidare i ragionamenti in corso a Palazzo Chigi. Negli incontri sulla crisi del Mar Rosso che si sono susseguiti nei giorni scorsi - al tavolo i ministri degli Esteri e della Difesa Antonio Tajani e Guido Crosetto e il sottosegretario Alfredo Mantovano - è risuonato l’allarme per i porti italiani. «I ritardi nella consegna delle merci potrebbero avere nel breve termine effetti sulla produzione e la consegna del prodotto finito», si legge nei report del governo che segnalano un rischio. Con i rincari assicurativi, presto solo le grandi navi mercantili potranno permettersi di attraversare il Canale di Suez ed entrare nel Mediterraneo. Le navi più piccole faranno il giro e sceglieranno la rotta artica, così favorendo i porti nord-europei ma anche le rotti commerciali della Russia di Putin. Per i porti italiani è uno scenario preoccupante. Non tutti gli scali dello Stivale sono infatti attrezzati per il transhipment, lo scarico dei container da navi di grandi dimensioni. Alcuni non hanno sufficiente pescaggio - è il caso del porto di Taranto ma in parte anche di Trieste - e rischiano di finire stritolati dalla concorrenza di altri grandi porti del Mediterraneo, come il Pireo in Grecia. Di qui l’idea di mobilitare Sace, il gruppo assicurativo-finanziario partecipato al 100 per cento dal Mef - con pacchetti assicurativi ad hoc per le pmi del settore che permettano alle navi più piccole di continuare a transitare negli stretti. Il dossier potrebbe già finire sul tavolo del Cda di Sace in agenda la prossima settimana.

Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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