Haiti, i ribelli: «Premier si dimetta o sarà genocidio». Henry non riesce a rientrare nel Paese a causa delle violenze: cosa sta succedendo

L'avvertimento dei capi della gang che sta tenendo in scacco il Paese

Mercoledì 6 Marzo 2024
Haiti, i ribelli: «Premier si dimetta o sarà genocidio». Henry non riesce a rientrare nel Paese a causa delle violenze: cosa sta succedendo

Haiti, il Paese più povero dell'America Latina, è praticamente all'ultima spiaggia. La grave crisi apertasi il 7 luglio 2021, quando il presidente Jovenel Moise fu ucciso nella sua camera da letto a Port au Prince, è maturata negli anni fino a diventare ora un ingestibile caos.

Dopo le tensioni provocate durante lo scorso fine settimana da commando armati che hanno assaltato due prigioni della capitale liberando migliaia di detenuti e cercando di catturare l'aeroporto internazionale Toussaint Louverture, il governo ha decretato 72 ore di stato di emergenza e coprifuoco, rimasti praticamente sulla carta. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Volker Türk, ha dichiarato che la situazione ad Haiti «è davvero insopportabile per il popolo haitiano», evidenziando che dall'inizio del 2024 i morti sono già 1.193.

L'emergenza

L'emergenza istituzionale è totale, al punto che il primo ministro Ariel Henry, reduce da un viaggio in Kenya per la costituzione della Missione multinazionale (Mmas) approvata dall'Onu, e da colloqui negli Stati Uniti, è di fatto costretto ad un esilio forzato non essendo potuto rientrare in patria con il suo aereo privato. Si trova a Porto Rico, o forse, in Giamaica. Per di più, secondo fonti giornalistiche, il premier ha ricevuto in volo la notizia che gli Usa gli consigliavano di dimettersi per permettere l'avvio di un processo di transizione. Dal 2016 ad Haiti non si celebrano più elezioni, per cui non ci sono presidente, Parlamento, governo e premier legittimi, e neppure una Corte Suprema funzionante. Vari centri urbani, ma soprattutto la capitale, sono quotidianamente preda delle scorribande di gruppi armati che assaltano gli edifici pubblici, si scontrano con la polizia, sequestrano, violentano e uccidono, generando terrore nella popolazione che emigra dalle città verso regioni più sicure.

 

La polizia non riesce a contrastare tale criminalità, e si concentra nella difesa di edifici e infrastrutture considerate strategiche. Nell'ultima settimana l'emergenza è, se possibile, ulteriormente peggiorata, dopo che il premier Henry si è impegnato in un vertice nei Caraibi a organizzare elezioni generali entro il 31 agosto 2025. Ma l'annuncio è stato interpretato dai leader dell'opposizione e dai boss delle gang armate, come la sua volontà di rimanere ancora a lungo al potere, nonostante un accordo che avrebbe voluto effettive le sue dimissioni il 7 febbraio scorso. Così, per far capire gli obiettivi della federazione Vivre Ensemble, da lui guidata, il boss Jimmy Chérizier, meglio noto come Barbecue, si è presentato ad una conferenza stampa con giubbotto antiproiettile e fucile mitragliatore spiegando che «se Ariel Henry non presenta le sue dimissioni, e se la comunità internazionale continua a sostenerlo, andiamo dritti dritti verso una guerra civile e un genocidio». Il Consiglio di sicurezza dall'Onu è stato convocato per una riunione a porte chiuse in cui studierà il da farsi. Ci si aspetta un passo avanti almeno per quanto riguarda la Missione multinazionale di sostegno alla sicurezza (Mmas) a guida keniana che ha bisogno di fondi per poter funzionare e dispiegarsi sul territorio haitiano.

Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 08:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci