Scarseggiano i cibi freschi, così come i medicinali per i pazienti dializzati, non c'è elettricità nelle case ormai prive di riscaldamento con temperature che di questa stagione, sul Caucaso, sfiorano i meno 10 gradi.
Sos internazionale per il rischio di una crisi umanitaria nel Caucaso, «120 mila armeni in pericolo»
Ieri l'altro c'è stata anche una Risoluzione del Parlamento europeo che ha condannato le devastanti condizioni umanitarie del blocco, chiedendo la riapertura del corridoio di Lachin. Anche Papa Francesco è intervenuto durante un Angelus il mese scorso. Ma con la guerra in Ucraina nel cuore dell'Europa che sta catturando l'attenzione dei media internazionali, questa emergenza gravida di conseguenze finisce per essere quasi accantonata o assorbita da altri scenari di crisi.
AZERBAJAN
E' dal 12 dicembre che l'incubo peggiore per gli abitanti armeni del Nagorno-Karabakh si è materializzato quando un gruppo di militanti azeri inviati da Baku hanno impedito il traffico sull'unica strada, chiedendo l'accesso a quelli che descrivono come "siti minerari illegali" nelle zone del Nagorno-Karabakh controllate dagli armeni. Un pretesto, secondo l'Europa. Forte del successo militare nella guerra dell'autunno 2020, l'Azerbaigian intende esercitare il controllo sull'intera regione, compreso il Nagorno-Karabakh, e non prevede alcuno status speciale per la provincia. «E' una situazione che si sta fecendo di ora in ora sempre più insopportabile e questa gente è stremata. Ci sono anziani malati che hanno necessità di cure ormai introvabili» denuncia al Messaggero la scrittrice Antonia Arslan. Di fatto lungo il corridoio di Lachin, il blocco è pressoché totale fatta eccezione per rari veicoli della Croce Rossa che trasportano medicinali e pazienti in gravissime condizioni. Le merci vengono talvolta trasportate anche dalle forze di pace russe ma è chiaro che i rifornimenti sono assolutamente insufficienti, al punto che le autorità della provincia separatista hanno dovuto introdurre un sistema di buoni per razionare i beni di prima necessità oltre che limitare i prelievi dei contanti ai bancomat e i rifornimenti di benzina. Il già debole sistema produttivo è paralizzato.
Che la situazione stia precipitando è sotto gli occhi di tutti. Basta solo dare uno sguardo a quello che si vede sui social. Mancano cibo, frutta e verdura. Non c'è più gasolio, quindi non c'è più agricoltura. Il 13 dicembre il gas è stato tolto, poi però è stato rimesso, ma potrebbe essere tolto di nuovo. «Abbiamo tagli all'elettricità», ha spiegato Grant Safarian, responsabile dell'agricoltura durante una delle ultime videoconferenze organizzata giovedì 12 gennaio da Stepanakert, la capitale.
Ruben Vardanian, ex banchiere russo nato a Yerevan e attualmente a capo del governo del Nagorno-Karabakh, ha lanciato un appello tramite il quotidiano Le Monde, affermando che un ponte aereo,«come quello creato per contrastare il blocco di Berlino Ovest» da parte dei sovietici tra il 1948 e il 1949, dovrebbe essere creato con l'aiuto della comunità internazionale.
RUSSIA
Dopo una prima guerra, durante il crollo dell'URSS, per il controllo del Nagorno-Karabakh, l'Azerbaigian e l'Armenia si sono scontrati nuovamente nell'autunno del 2020. Il conflitto si è concluso con una sconfitta per Erevan, che è stata costretta a cedere il territorio a Baku, compresa una parte della provincia separatista. Da allora, nonostante l'accordo per un cessate il fuoco firmato sotto lo sguardo della Russia (alleata dell'Armenia), le braci del conflitto non si sono mai spente. Nel settembre 2022, gli scontri al confine tra i due Paesi hanno causato 286 morti.
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