Le richieste Ue/ L’interesse (tardivo) per i diritti dei migranti

Mercoledì 8 Novembre 2023 di Mario Ajello

L’indifferenza europea, riguardo alla questione migratoria e agli sforzi che l’Italia compie da anni per risolverla in completa solitudine, è purtroppo un classico dei nostri tempi.

Ma a questo sembra ora aggiungersi un atteggiamento che è doppiamente criticabile. Prima ci si voltava dall’altra parte, scaricando sul nostro Paese di primo approdo il problema degli sbarchi e limitandosi a livello Ue a qualche enunciazione retorica di solidarietà e di impegno sempre procrastinato.  E adesso, quando l’Italia agisce in maniera pragmatica e innovativa, firmando l’accordo con l’Albania per i centri di accoglienza, si fanno scattare il sospetto preventivo della serie «eh, no, dobbiamo vigilare noi...» e la censura ideologica di chi vorrebbe il nostro Paese intento solo a lamentarsi in maniera subalterna per la solitudine nella politica migratoria e non pronto ad agire per affrontare (risolvere sarebbe un parolone vista la portata epocale del fenomeno dei flussi dall’Africa) una questione che riguarda l’intero continente e che si preferisce non guardare.


Salvo poi, al momento opportuno, come è questo dell’accordo italo-albanese, arricciare il naso, alzare il sopracciglio, salire in cattedra e bacchettare o almeno lanciare l’allarme - non conosciamo ancora i dettagli dell’accordo ma vigileremo: è la linea scettico-critica in sede Ue - rispetto a una soluzione presa dal nostro Paese e che non presenta, a volerla vedere fuori da ogni pregiudizio, tutte quelle gravità che si immaginano a Bruxelles. Dove la propaganda della sinistra nostrana - pronte nuove Guantanamo in Albania! - ha notoriamente molto ascolto. Siamo già nell’euro-mirino, insomma. E lo siamo in questi termini: «E’ importante che questo tipo di accordo tra Italia e Albania - ecco la posizione della Ue, che sembra tradire tra l’altro l’imbarazzo di essere stata scavalcata proprio per la sua indifferenza e la sua latitanza sulla materia dei migranti - rispetti pienamente il diritto internazionale e comunitario».


Non viene aggiunto, però, che l’Albania non è o non è ancora membro dell’Unione Europea. E dunque l’accordo, che non potrà non essere assolutamente rispettoso dei criteri di civiltà e di rispetto della persona umana, anche perché l’Albania ha comunque firmato la Convenzione europea dei diritti umani, non è vincolato ai voleri e ai controlli di Bruxelles.  L’Italia indebolita in questi anni per essersi dovuta sobbarcare in solitaria il peso dei flussi, e questa sua difficoltà ha fatto anche piacere ad alcuni partner europei («Sui migranti neppure mi rispondono al telefono», ha detto Meloni nella telefonata dei due russi spacciatisi per un leader africano), ha avviato adesso a sorpresa una nuova strategia ma questa mossa viene considerata una sorta di lesa maestà. 
Spingendo la Ue ad occuparsi della materia, ma solo per bacchettare o mettere in sospetto chi ha deciso di volerla trattare senza più aspettare quel sostegno comunitario tanto invocato e tanto promesso ma di fatto mai arrivato. Oltretutto, come ha detto il premier Rama, l’Albania aveva la possibilità di stringere un accordo con altri Paesi ma ha scelto l’Italia perché la considera più adatta a garantire certi standard di efficienza e di rispetto delle regole e dei diritti. 


Voltarsi dall’altra parte e poi alzare il ditino è insomma un comportamento dissonante rispetto a quei criteri del politicamente corretto che a Bruxelles su tutto vengono recitati come uno scioglilingua. 
Servirebbe invece più generosità nel riconoscere la fatica che l’Italia compie sul fronte degli sbarchi e un approccio più laico rispetto al tema della esternalizzazione dell’accoglienza che, se virtuosamente praticata, può essere una risorsa proficua.  E insieme uno stimolo per la Ue a costruire un sistema di collocazione dei migranti efficace, senza rimandare sine die - come è accaduto finora - questo enorme problema generale.

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