La sfida per la Bce/ La tempesta economica da evitare

Mercoledì 11 Ottobre 2023 di ​Angelo De Mattia

La guerra in Israele, i crimini contro l’umanità commessi nell’attacco di Hamas, la situazione attuale con prospettive destinate ad aumentare il sacrificio di un numero già enorme di vite umane, la catastrofe che si delinea non esimono dal valutare i “ perché”, dall’interrogarsi su come si sia arrivati a tal punto.

Ciò, da un lato, non significa rendere un servigio ai terroristi di Hamas e a far passare in secondo piano le gravissime loro responsabilità per gli atti barbarici compiuti, insieme con la riflessione - forse oggi illusoria, tipica di una “spes contra spem - per uno sbocco del conflitto non cruento; dall’altro lato, non si immeschinisce l’osservazione se un Paese come l’Italia guarda anche, dopo il “prius” anzidetto, ai riflessi economici che dalla guerra, come danno collaterale, potrà subire. Considerazioni di quest’ultima portata avranno maggiore legittima tanto più se si sarà compatti contro gli orrori commessi dai miliziani di Hamas, una formazione che non coincide affatto con una generale definizione di palestinesi e, ancor più, di civili palestinesi.

La “de-escalation” del conflitto, l’obiettivo indicato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani insieme con la riproposizione del sostegno per quella terra martoriata di “due popoli, due Stati” secondo i parametri del diritto internazionale, costituiscono, essi stessi, due finalità anche economiche. Ma se guardiamo a queste giornate, non possiamo non rilevare, sperando che non vi siano equivoci sulle priorità, che con la guerra che si aggiunge a quella condotta dalla Russia contro l’Ucraina si aggrava il contesto in cui è chiamata ad operare la politica economica e di finanza pubblica, ma deve anche sentirsi vieppiù impegnata la medesima politica monetaria. Prima ancora, muta il quadro a livello globale. I prezzi del petrolio ( ai massimi) e del gas già in aumento potranno subire ulteriori rialzi; problemi potrebbero sorgere nei rapporti con alcuni Paesi fornitori (si veda l’Algeria schieratasi con Hamas) per esempio, con l’Arzebaigian impegnato in un altro dei numerosi conflitti di altri Paesi, a livello internazionale, quello contro il Nagorno - Karabakh; gli Stati petroliferi arabi, a cominciare dall’Arabia Saudita, hanno emesso un comunicato ambiguo sul futuro delle condizioni delle forniture; nei momenti di grave crisi gli investitori si volgono verso beni-rifugio, un nuovo impatto comunque si registrerebbe così sull’inflazione in un clima nel quale, come segnala l’indagine della Banca d’Italia sulle aspettative di inflazione e crescita, giudizi e attese sono rivisti al ribasso, ma, almeno per queste ultime, restano positivi. Tuttavia, secondo l’istituto, l’economia ha riconquistato competitività e fiducia e il tasso di occupazione è il più elevato dagli anni Settanta. Incombe, però, il macigno del debito pubblico, la discesa del cui rapporto con il Pil Bankitalia invita ad anticipare per evitare di dover affrontare in futuro forti aggiustamenti per reagire a shock avversi. Ma come fare ciò con una crescita che, secondo il Fondo monetario internazionale, nel prossimo anno si attesterebbe solo al +0,7 per cento? Il forte rigore nella spesa è inevitabile. Allora, sarà essenziale il ruolo dell’Unione (anche nella riforma del Patto di stabilità) e ancor più lo sarà la politica monetaria. Immaginare ora nuovi aumenti dei tassi di interesse o la fine anticipata degli acquisti per reinvestimento di titoli del programma Pepp, come alcuni vorrebbero, sarebbe assurdo, assommandosi alle restrizioni che anche altri Paesi apporteranno alla politica economica un’ulteriore impostazione monetaria restrittiva.

E’ necessario, invece, che ci si svegli nelle istituzioni finanziarie internazionali e in quelle europee si sia capaci finalmente di un ruolo proattivo che anticipi una possibile tempesta economica e finanziaria che potrebbe essere perfetta. La Bce deve meditare sul nuovo contesto. E L’Italia deve fare la propria parte anche, ovviamente, a livello generale non solo economico, non dimenticando, nella piena solidarietà con Israele, gli inviti dell’Onu ad osservare, da parte di tutti, il diritto internazionale.

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