Statali, la pensione sarà uguale per tutti. Rivisto l'assegno di insegnanti e medici

Mercoledì 1 Novembre 2023
Statali e pensioni, Marina Elvira Calderone

 Un'operazione di teorica equità attuariale, che però si trasforma in un nodo politico, con i medici pubblici che hanno già formalizzato lo stato di agitazione in vista dello sciopero.

Al centro del contendere c'è l'articolo 33 della legge di Bilancio, quello che rivede le aliquote di rendimento delle pensioni retributive per una serie di dipendenti statali: tra cui appunto i medici, ma anche gli infermieri, i dipendenti di Regioni e Comuni, gli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate, gli ufficiali giudiziari. La relazione tecnica allegata al disegno di legge specifica i contorni finanziari della misura, che riguarda sostanzialmente coloro che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 (quindi prima della riforma Dini che ha segnato il passaggio al sistema contributivo) e andrà a toccare gli interessati in modo graduale nel corso del tempo. Per il prossimo anno i lavoratori che si vedranno applicare coefficienti decisamente meno favorevoli sono 31.500, con un risparmio per lo Stato limitato a 11,5 milioni di euro. Ma già nel 2025 si arriverà 81.500 persone coinvolte e a 42,3 milioni di minor spesa previdenziale. Poi, anno dopo anno, le dimensioni dell'intervento cresceranno fino a toccare nel 2043, dunque tra vent'anni, oltre 732 mila trattamenti previdenziali. E il beneficio per le casse pubbliche, rispetto alle regole attualmente in vigore, risulterà di quasi 2,3 miliardi. Siccome la stessa tabella sarà usata anche per il calcolo degli oneri dovuti da chi intende riscattare periodi non coperti da contribuzione (ad esempio gli anni di università) sono poi prevedibili ulteriori benefici per il bilancio pubblico, sotto forma di maggiori entrate; che però la stessa relazione tecnica «in via cautelativa» non quantifica. I maggiori costi potrebbero di fatto scoraggiare i dipendenti potenzialmente interessati al riscatto.


L'INCIDENZA
I medici che sono in prima linea nella richiesta di ritirare la norma rappresentano in realtà un componente non maggioritaria della platea; poco più del 12 per cento all'inizio e qualcosa in meno negli anni successivi. Ancora più esigua è l'incidenza di maestre e ufficiali giudiziari. Il grosso dei lavoratori esposti alla novità fanno invece parte della Cpdel, la cassa dei dipendenti degli enti locali poi confluita nell'Inpdap e successivamente nell'Inps. Al suo interno ci sono anche gli infermieri della sanità pubblica. I dottori sono però una categoria che vive una situazione particolare nell'era post-pandemica; lo stesso governo in un altro capitolo della manovra si è impegnato a rafforzare il finanziamento al fondo sanitario nazionale e specificamente a incrementare i loro compensi per le prestazioni aggiuntive. La novità non gradita in materia previdenziale potrebbe indurre più di un professionista a cercare di anticipare la pensione, accentuando così il problema della carenza di personale.


L'ARMONIZZAZIONE
Dal punto di vista del governo la misura punta ad armonizzare il regime di queste categorie con quelle degli altri dipendenti pubblici. La tabella delle aliquote che verrà rimpiazzata con quella allegata alla legge di Bilancio risale al 1965; dunque ad un'epoca molto diversa in cui le attuali preoccupazioni per la sostenibilità del sistema previdenziali non erano neanche immaginabili. I vecchi coefficienti assegnano un valore consistente, ai fini del trattamento pensionistico, anche a un periodo di contribuzione di pochi mesi. Si parte da un'aliquota di quasi il 24 per cento anche nel caso di zero anni di versamenti. Il nuovo schema invece inizia da zero per crescere gradualmente (2,5% ogni anno) per ricongiungersi ai precedenti valori a 15 anni di anzianità: per chi ha versamenti al di sopra di questa soglia non cambierà nulla con le regole future.
L. Ci.

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