L’Europa ha fissato l’asticella in alto. Molto in alto. Così per ridurre le emissioni delle auto, non basterà spingere sui veicoli elettrici e potenziare il trasporto pubblico. Sarà necessario fare in modo che le persone si spostino di meno. A sorpresa, nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima dell’Italia, il governo ha inserito anche una «forte» spinta allo smart working e all’accorciamento della settimana lavorativa.
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Al momento, lo scenario di riferimento italiano prevede che al 2030 questi settori riescano a risparmiare 98 milioni di tonnellate di Co2. Significa, rispetto al 2005, un taglio del 28,6 per cento. Il 43,7 per cento indicato dalle direttive, insomma, appare un miraggio. Il nuovo Piano italiano ne prende atto. E spiega, senza mezzi termini, che «sarà necessario avviare subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30 per cento rispetto ai livelli del 2021 da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti, civile e agricoltura». Dove per “civile” si intendono gli edifici residenziali e commerciali. Ma partiamo dai trasporti. Qui la ricetta è molto chiara. «Occorrerà», si legge nel Piano, «incentivare con maggiore forza misure tese a trasferire gli spostamenti dell’utenza dal trasporto privato a quello pubblico». Quest’ultimo inteso non solo come potenziamento di bus o di tram, ma anche di car sharing o di car pooling. C’è poi, ovviamente, la «progressiva diffusione di mezzi caratterizzati da consumi energetici ridotti», come le auto elettriche. Ma tutto questo comunque non basterà. Dunque, spiega il piano del governo, bisognerà «ridurre la necessità di spostamento con politiche di favore per smart working e valutare la riduzione delle giornate lavorative a parità di ore lavorate».
L’ALTRO CAPITOLO
La seconda questione riguarda il taglio delle emissioni degli edifici. Il Piano punta decisamente sull’elettrificazione delle abitazioni, con la sostituzione degli impianti alimentati a gas con le pompe di calore da abbinare a pannelli fotovoltaici. Il punto è che la ristrutturazione del parco immobiliare è difficile senza incentivi. Il superbonus del 110 per cento è stato archiviato perché stava affossando i conti dello Stato. Ma anche perché una parte non indifferente degli incentivi è stata usata per sostituire caldaie a gas con altre caldaie a gas. Una circostanza che non è sfuggita all’Europa che ha messo sotto la lente i 14 miliardi del Pnrr che sono andati a finanziare il Superbonus.
Ma, come si diceva, il Piano prende in considerazione la necessità che ci siano incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici. Così il documento spiega che «sarà messa in atto una riforma degli incentivi fiscali che identifichi priorità di intervento (quali gli edifici meno performanti e le situazioni di povertà energetica) e differenzi il livello di assistenza in base all’efficacia in termini di miglioramento della prestazione energetica dell’edificio sia in termini di riduzione dei consumi che di incremento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili». La misura insomma, diventerà più selettiva rispetto al passato. Non più soldi a pioggia, ma destinati a chi ne ha più bisogno e vive negli edifici meno efficienti.
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