Femminicidi, il governo anticipa la stretta. Troppe vittime dopo le denunce, sprint sul ddl

Si valuta un nuovo provvedimento: in Cdm dopo la pausa estiva dei lavori. «Impegno di tutti, diventi subito legge»

Sabato 19 Agosto 2023 di Francesco Bechis e Andrea Bulleri
Femminicidi, il governo anticipa la stretta. Troppe vittime dopo le denunce, sprint sul ddl

Fare presto. Da un lato spingendo sull’acceleratore delle misure già messe in cantiere per combattere la violenza sulle donne: braccialetto elettronico e stretta ai tempi della giustizia, su tutti.

Dall’altro puntando su un nuovo provvedimento, da portare in consiglio dei ministri al più presto, forse già dopo la pausa estiva. Che potrebbe prevedere, tra gli altri punti, la nascita di specifiche sezioni di polizia giudiziaria, dedicate proprio a combattere i reati del cosiddetto Codice rosso.


I recenti casi di femminicidio non sono stati ignorati dal governo di Giorgia Meloni. Al contrario: la premier, che da prima inquilina donna di Palazzo Chigi ha messo il contrasto alla violenza di genere in cima alle priorità dell’esecutivo, intende dare un segnale forte. Forse già nell’annunciato decreto sicurezza in gestazione al Viminale. Una volontà, quella di agire in fretta, condivisa dagli altri membri del governo, a cominciare dal vicepremier Antonio Tajani. Che giusto un paio di giorni fa, prima che a Piano di Sorrento un’altra donna, Anna Scala, fosse uccisa (il 75esimo caso dall’inizio dell’anno), è stato netto: «Le leggi in vigore contro i femminicidi non sono sufficienti». Per poi annunciare che Forza Italia presenterà a stretto giro una nuova proposta di legge da portare all’attenzione del Cdm. 

CORSIA PREFERENZIALE

Un pacchetto di norme contro la violenza sulle donne, per la verità, il governo lo aveva già presentato a giugno: un ddl di 15 articoli, elaborato dai ministri Carlo Nordio (Giustizia), Matteo Piantedosi (Interni) ed Eugenia Roccella (Pari opportunità). Obiettivo: tagliare i tempi dell’intervento della magistratura quando una donna denuncia, limitando a 30 giorni il termine entro cui il pm deve decidere sulle misure cautelari nei confronti del presunto aggressore (per ben 4 volte la Cedu ha condannato l’Italia per l’eccessiva lentezza). Ma anche inasprire la risposta, applicando di norma il braccialetto elettronico e imponendo il distanziamento di 500 metri da tutti i luoghi frequentati dalla vittima. Il testo è incardinato in commissione Giustizia alla Camera. Ma il governo, di sponda coi partiti di maggioranza, è in pressing per garantire al ddl una sorta di corsia preferenziale. In altre parole: fare in modo che il provvedimento approdi in Aula il prima possibile. E il prima possibile venga approvato, seppur senza ricorrere a voti di fiducia (vista la volontà di «massima condivisione» con le opposizioni). 
A caldeggiare lo sprint, oltre alla stessa premier, sono la responsabile Giustizia della Lega, Giulia Bongiorno e la ministra Roccella. E il presidente della commissione, Ciro Maschio di FdI, ha già assicurato «massimo impegno e celerità» per portare il provvedimento in Aula a spron battuto. Nelle intenzioni della maggioranza, già a settembre, compatibilmente con gli altri interventi all’esame di Montecitorio alla ripresa dei lavori. 

Anche per questo Roccella ieri è tornata a invocare «l’impegno di tutti, senza distinzioni di parte» sul ddl anti-violenza, affinché «diventi presto legge». Perché il ddl prevede misure che «possono risolvere le inadeguatezze delle norme attuali e spezzare il ciclo della violenza prima che sia troppo tardi». Dall’arrivo dell’arresto in flagranza differita se il fatto è documentabile con video, foto o indicazioni gps fino all’ammonimento e segnalazione in questura per l’aggressore anche senza denuncia della vittima: «Agire sulla prevenzione con tempestività – osserva la ministra – può significare davvero salvare delle vite». 

Ecco perché la volontà è quella di spingere per far sì che le donne siano incoraggiate a denunciare. A breve, non a caso, partirà una nuova campagna di informazione in collaborazione con Poste, sul numero d’emergenza per le vittime di abusi, il 1522, che ancora «in troppe non conoscono» (dal momento che, ogni volta che il numero viene reclamizzato, le chiamate si impennano). Non solo: i ministri Roccella e Valditara (Istruzione) sono al lavoro per istituire nelle scuole la «settimana contro la violenza sulle donne». 

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I NUOVI PROVVEDIMENTI

A tutto questo, però, potrebbe affiancarsi il nuovo provvedimento da portare in Cdm anticipato da Tajani. Che a sua volta punta a irrobustire le misure cautelari per fermare gli aggressori prima che sia troppo tardi. Allo studio, infatti, ci sarebbe la possibilità di anticipare alcune delle misure contenute nel ddl di giugno già nel prossimo pacchetto sicurezza annunciato da Meloni e Piantedosi per fine estate-inizio autunno. Per ora si tratta di un’ipotesi: se da un lato il governo punta a un provvedimento condiviso (il che suggerirebbe di restare sulla via del ddl), dall’altro c’è la volontà di accelerare. Magari con un decreto. 

Che secondo i rumors potrebbe contenere anche alcune delle proposte arrivate in queste settimane dai partiti di maggioranza. Una – firmata da tutto il gruppo di FdI al Senato e accolta con entusiasmo dalle associazioni in difesa delle vittime di violenza – prevede di istituire in ogni tribunale sezioni specializzate per il contrasto ai reati di genere e nuclei di polizia giudiziaria ad hoc nelle procure, composti da personale scelto tra chi ha maturato «esperienze significative» sul campo. In pratica, figure già in possesso di formazione specifica, in grado di agire con più efficacia. E se Forza Italia, tramite Catia Polidori, spinge sulla creazione di un’App statale per geolocalizzare le donne in pericolo e collegarle a un centralino che attivi i soccorsi, nella maggioranza c’è condivisione anche su un altro possibile campo di intervento: l’istituzione di nuove “stanze rosa”, dove le donne possono denunciare le violenze subite di fronte a specialisti e psicologi senza mettersi in fila al commissariato (visto che molte vittime, purtroppo, rinunciano a recarsi dalle forze dell’ordine). Insomma, la volontà c’è. E Meloni, che segue il dossier in prima persona, non intende rischiare rallentamenti. La “palude” parlamentare stavolta, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrà trasformarsi in una rapida. 
 

Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 13:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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