COP28 e la trappola energetica: petrolio e derivati ​​supertassati sono pilastri dei bilanci statali

Mercoledì 6 Dicembre 2023 di Gianni Bessi
COP28 e la trappola energetica: petrolio e derivati supertassati sono pilastri dei bilanci statali

Periodicamente gli eventi globali, le news dai mercati, le impennate dei prezzi degli idrocarburi (benzina in primis) ripropongono il “trilemma” dell'energia: la possibilità di declinare sicurezza delle forniture, competitività di prezzo e sostenibilità ambientale economica e sociale.

Puntuale (e pulito) come un treno giapponese, anche quest'anno è arrivato l'appuntamento della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici meglio conosciuta come COP28 perché è la 28esima conferenza che ci ricorda, per quanti sforzi si facciano, come sia difficile trovare la strada per il netto zero. Quest'anno dove si tiene? Negli Emirati Arabi Uniti. Una Dubai . E a presiederla c'è l'amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, Sultan Al Jaber. Al di là dei risultati, prevale un sentimento seguendo - da osservatori - il dibattito, le azioni ei protagonisti del topic più importante della nostra contemporaneità: la sensazione di una pulsazione organica di un sistema schizofrenico o bulimico che si agita. Al netto delle polemiche sul fatto che lo ha organizzato uno Sceicco petroliere che contestualmente doveva anche seguire la riunione dell'Opec plus sulla strategia della produzione del 2024, o che intervenga Carlo III , il Re arrivato da Londra, dalla City capitale della finanza capace di muovere fino 3.000 miliardi di dollari al giorno attorno al business del petrolio, e che conosce bene la zona del Golfo vista la produzione di geometrie geopolitiche del Foreign Office, ed altri ospiti, a Dubai sono tutti impegnati a dissertare su come risolvere il “trilemma” energia. Ma nonostante i lunghi sforzi, finora l'obiettivo non è stato mai raggiunto: al punto che il “trilemma” viene considerato un esempio di «teorema dell'impossibilità». In sintesi, anche stavolta sarà difficile trovare la ricetta per avere contemporaneamente prezzi accessibili, energia in abbondanza e impatto zero.

Sono diversi gli elementi che impediscono il raggiungimento dell'obiettivo. Per esempio, non tutti sanno che i maggiori imputati a Dubai - il petrolio ei suoi derivati ​​- producono profitti maggiori tra i “clienti” dei produttori (di petrolio), perché semplicemente dispongono di una forte tassazione sugli stessi. Del resto, è una delle merci che fa muovere il capitalismo e tutta la nostra società. Quindi (quasi) indispensabile. Una misura forse poco valutata o spesso dimenticata: le conseguenze delle “tasse” elevate sui prodotti energetici tradizionali. La motivazione è che questo contribuisce a sostenere le politiche ambientali, a frenare i consumi e diminuire l'inquinamento prodotto dagli idrocarburi. In Europa e Giappone la componente delle “tasse” sul prezzo alla pompa arriva fino al 70 per cento (in Italia si dice sia al 56%): se li si aggrega, i vari balzelli sui prodotti petroliferi sono tra le principali voci delle entrate dei bilanci statali, superati sicuramente solo dal prelievo sulle persone fisiche. Non è lo stesso negli Usa, dove spesso l'auto è un mezzo indispensabile alla sopravvivenza e gode comunque di una certa sacralità. Come se avesse preso il posto del cavallo nel mito della corsa al Far West. Allora, si potrebbe ridurre le tasse: certo, ma cosa succederebbe? Aumenteremmo la propensione ai consumi ma anche i rischi ambientali. E quindi aumenterebbero i costi sociali (per esempio le spese sanitarie). Ma il rischio reale è intaccare il gettito per gli Stati. Il che significa, a cascata, che diminuirebbero le risorse per le politiche ambientali. E non solo per queste. È la classica immagine della coperta corta. La dipendenza energetica aumenta proprio per lo sforzo di raggiungere l'indipendenza? Il pensiero appare schizofrenico o bulimico, ma è parte del concetto di trappola energetica. Dall'altra parte è proprio il Re petrolio a sostenere gli stessi Paesi dell'Opec plus che hanno necessità di tenere alti i prezzi del greggio per fare quadrare i bilanci e mantenere una parvenza di pace sociale, che non può essere garantito solo con gli strumenti delle autarchie o dittature. Come lo sforzo di creare una super Lega calcistica rivaleggiando con la Premier League sul fronte ingaggi dei giocatori più famosi. O offrire il massimo sforzo per organizzare un mondiale di calcio o un Expo. In sintesi, perché di contraddizioni ce ne sono fin troppe, la trappola si chiude, specialmente in Europa, tra la guerra dichiarata agli idrocarburi e un aumento della dipendenza dagli stessi per i bilanci pubblici. E il “trilemma” iniziale diventa sempre più inestricabile per una società alla ricerca di una moderna “pietra filosofale”, della fonte energetica che ci permetterà di mantenere il livello di benessere senza inquinare. Ma, come appunto la pietra filosofale, questa fonte non esiste. 

Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 06:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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