Camera di commercio, le nozze con Udine e il patto dimenticato

Domenica 29 Dicembre 2019 di Davide Lisetto
La Camera di commercio di Pordenone
PORDENONE - È passato ormai un anno e mezzo dal patto che ha sancito la fine della Camera di commercio di Pordenone e l’unificazione con Udine. Un matrimonio che secondo il “trattato” di Villa Manin dell’estate 2018 doveva essere provvisorio, in attesa che la Regione assumesse dal governo le competenze in materia per riorganizzare in regione la rete delle Camere di commercio. Un patto - per Pordenone era stato una sorta di resa, visto che la battaglia giudiziaria aperta al Tar del Lazio era stata di fatto abbandonata - che dunque stabiliva un matrimonio a tempo. Ma a un anno e mezzo di distanza nulla si è mosso. 
Né prima con il governo “amico” Lega-M5s, né dopo con il governo Conte bis M5s-Pd: nessun negoziato intavolato al fine di portare le competenze a Trieste. E dire che dall’estate scorsa, con il nuovo governo, il referente con cui trattare la vicenda è il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, pentasellato di Trieste. Non servirebbe nemmeno andare a Roma per discutere sulle competenze che la Regione aveva promesso di portarsi a casa.
NEGOZIATO MANCATO
Garante dell’intesa di un anno e mezzo fa fu proprio la Regione. Il presidente Massimiliano Fedriga, allora eletto da poco, si impegnò (in particolare con le categorie economiche del territorio pordenonese) ad aprire una trattativa con Roma al fine di riportare a casa (in quanto Regione a statuto speciale) le competenze proprio in materia di riorganizzazione delle Camere di commercio. Un percorso, certo, non facilissimo che dovrebbe passare necessariamente per la commissione paritetica Stato-Regione. Sempre secondo il patto, una volta tornata in possesso delle competenze, la Regione avrebbe lasciato “libertà di scelta” ai territori in merito alla rete e al numero delle Camere da istituire in Fvg. E siccome nessuno dei territori regionali e delle rispettive categorie produttive vuole la Camera unica regionale, la strada tracciata era quella del ritorno ai tre enti: Trieste-Gorizia, Udine e Pordenone. Ma a un anno e mezzo di distanza da quella firma che doveva essere provvisoria che fine hanno fatto quelle promesse? E della questione è stata interessata la commissione paritetica Stato-Regione? A nessuna di queste domande c’è ancora una precisa risposta.
TUTTI IN SILENZIO
L’unica risposta ufficiale che era arrivata - ma ancora nel novembre del 2018 - era stata quella all’interrogazione sul tema avanzata dal senatore pordenonese di Forza Italia Franco Dal Mas. A rispondere in merito all’eventuale trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione era stato l’allora viceministro dello Sviluppo economico, il leghista Dario Galli. Una risposta che non lasciava certo ampi margini di manovra. Da allora - almeno ufficialmente - più nulla. Silenzio da parte dei parlamentari del territorio. Silenzio dalla giunta regionale. Silenzio anche dai consiglieri regionali pordenonesi, sia di maggioranza che di opposizione. E silenzio anche da parte delle categorie produttive del Friuli occidentale che - dopo una lunga battaglia durata quasi tre anni e andata avanti a colpi di costosi ricorsi giudiziari - ora sembrano adeguarsi al matrimonio, che nessuno voleva, con Udine.
PATTO TRIESTINO
Una separazione che oggi pare ancora più difficile. Dopo che tra Pordenone e Trieste è stato siglato il patto dell’unificazione confindustriale che ha fatto nascere la Confindustria Alto Adriatico guidata da Michelangelo Agrusti Udine è più isolata. Difficile pensare che dopo questo passaggio il capoluogo friulana sia disponibile a mollare e a rimettere in discussione l’unificazione - dove per altro è proprio Udine a comandare - della Camera unica Pordenone-Udine.
Ultimo aggiornamento: 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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