Lavoro o figli? Le donne sono ancora ferme al bivio, condannate a scegliere. E una su cinque dopo la maternità smette di lavorare. Troppo difficile conciliare la vita fuori e dentro casa. È la fotografia scattata dal dossier "Occupazione femminile" del Servizio studi della Camera, che rileva dati relativi al quarto trimestre 2022: le donne sono meno pagate rispetto ai colleghi uomini, ancora spesso precarie, lavorano in settori poco strategici e soprattutto hanno a disposizione pochi servizi che le aiutino a conciliare quotidianità e occupazione.
CARENZE
E così, ancora in tante abbandonano il lavoro. Le ragioni della scelta sono legate soprattutto alla carenza sul fronte dei servizi di assistenza all'infanzia: l'offerta dei nidi risulta in ripresa dopo la pandemia (+1.780 posti), ma le richieste di iscrizione sono in gran parte insoddisfatte, in particolare nel Mezzogiorno, penalizzando le famiglie più povere, sia per i costi delle rette, sia per la carenza di nidi in diverse aree del Paese.
È da qui che nasce la proposta di Antonella Giachetti (66 anni), presidente nazionale di Aidda, l'associazione imprenditrici e donne dirigenti di azienda: eliminare le tasse sulle babysitter: «Occorre una defiscalizzazione degli oneri connessi alla maternità, almeno per il reddito materno. Se non ci sono asili nido disponibili, almeno devono rendersi interamente deducibili dal reddito i costi sostenuti per le babysitter o per le persone addette alla cura della casa. La difficoltà è che esiste poco welfare di prossimità efficace e la mancanza di un asilo nido spinge a ricorrere alla babysitter. Questi numeri continuano a mostrare un problema reale della nostra società».
Gli aiuti sono pochi, lo stipendio quasi sempre più basso.
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ELASTICITÀ
«Se vogliamo ritrovare un equilibrio prosegue la presidente Giachetti che promuova il valore del lavoro e al tempo stesso lo sviluppo della vita delle persone, serve più elasticità e flessibilità negli orari e nell'organizzazione del nostro sistema, avendo attenzione ai ritmi naturali. Questa è forse una strada per iniziare anche a ristabilire un equilibrio con il pianeta, unendo una svolta sociale ed economica alla necessaria transizione ecologica».
Il dossier "Occupazione femminile" registra anche un netto divario nel mondo del lavoro: le donne occupate sono circa 9,5 milioni, contro i 13 milioni di uomini. La metà delle donne (52%) lascia per esigenze di conciliazione e il 19% per considerazioni economiche. «Occorre un impegno primario per cancellare questo bivio tra lavoro e famiglia, che arreca un danno economico e sociale al Paese», aggiunge Giachetti. «L'Italia ha già il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa. Se non si avvia un percorso di trasformazione dell'organizzazione della nostra società questo problema continuerà a riproporsi ogni anno».
LIBERE
Un'esigenza sempre più sentita. «Bisogna avviare un ripensamento del lavoro che, come tutta la nostra società, è stato pensato a misura d'uomo, inteso come maschio», sostiene la direttrice responsabile della testata digitale "Roba da Donne" Ilaria Maria Dondi (42 anni) nel suo saggio "Libere. Di scegliere se e come avere figli" (Einaudi Opera Viva, in libreria dal 16 gennaio). «Se continuiamo continua Dondi a trovare soluzioni che si applichino alla sola donna con figli, continueremo a ghettizzare la maternità e la maternità continuerà a rimanere un problema delle aziende. È invece necessario che esista un congedo di genitorialità obbligatorio se vogliamo davvero che davanti a un recruiter, a chi si occupa di selezione del personale, i candidati siano in una situazione di parità. Altrimenti le donne continueranno a essere discriminate; ma non solo le madri, anche le donne in generale in quanto potenziali madri».La demografa Alessandra Minello nel suo Non è un Paese per madri ha evidenziato come la scelta di non avere figli riguardi circa due donne su dieci: le altre otto vorrebbero averne e molte persino più di uno, ma non possono. «Se si vuole parlare di diritto alla maternità conclude Dondi di diritti riproduttivi, bisogna parlare della necessità che non sia un privilegio poter avere o non avere un figlio. Bisogna ripensare il mondo del lavoro in cui la genitorialità, non la maternità, e l'essere umano non siano soltanto dei prodotti performanti».