Cani destinati a diventare zuppa “bosintang” rinchiusi in allevamento lager in Corea del Sud: gli animalisti ne salvano 60

Mercoledì 1 Settembre 2021 di Remo Sabatini
Cani destinati a diventare zuppa “bosintang” rinchiusi in allevamento lager in Corea del Sud: gli animalisti ne salvano 60

I cani, tra adulti e cuccioli stremati, erano più di 60. Chiusi in gabbiette di ferro, rappresentavano la riserva di carne dell'allevamento lager di Mr Kim. Scovato in una località non ancora resa nota della Jindo Island, l'isola della Corea del Sud bagnata dal Mar Giallo, grazie alle lamentele di alcuni vicini che avevano allertato le autorità e la Humane Society International, l'organizzazione animalista internazionale che si occupa di salvaguardia animale, in quell'allevamento si provvedeva anche alla uccisione e macellazione degli animali che, perlopiù, finivano nella cucina del vicino ristorante gestito dallo stesso Mr Kim per la preparazione della "bosintang" la tradizionale zuppa di carne di cane molto apprezzata anche in Cina, Thailandia e Vietnam

Corea del Sud, in salvo 60 cani

Una sorta di carne a Km 0 dalla "filiera controllata" che aveva deliziato il palato dei clienti più esigenti per anni.

Sembra, infatti, che quell'allevamento fosse operativo da quasi due decenni. Un tempo lunghissimo durante il quale tenere il conto dei cani uccisi e macellati appare impresa ormai impossibile. Ad aggravare la posizione del titolare di allevamento e ristorante, come confermato dal comunicato stampa di Umane Society International Korea, il fatto che i cani liberati, una femmina aveva addirittura il microchip, siano Jindo, razza particolarmente amata e protetta in quella località sin dal 1962 quando venivano chiamati Jinju, nome che significa "perla".

Così, mentre i cani salvati, una volta curati e vaccinati voleranno con destinazione Stati Uniti e Canada, la conferma della chiusura definitiva dell'allevamento fa ben sperare mentre al ristorante, ancora aperto, il menù è stato modificato. "Quando ho visto le condizioni dei cani che abbiamo liberato, ha detto Nara Kim, responsabile della campagna di Human Society International Korea, ho pianto. A pochi passi da quelle gabbie, poi, c'erano decine di collari che venivano usati per ucciderli con la corrente elettrica". Collari che ora, insieme alle gabbie, sono stati gettati via.

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