Profugo del Gambia trova un portafoglio con 200 euro e lo consegna al proprietario

Christian Zarantonello e Kebba (vedi mail fotoweb)
SCHIO – L’onestà non è una virtù per tutti ma certamente sì per un profugo del Gambia, ospite della parrocchia di Santissima Trinità...

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SCHIO – L’onestà non è una virtù per tutti ma certamente sì per un profugo del Gambia, ospite della parrocchia di Santissima Trinità che lunedì pomeriggio ha trovato un portafoglio con 200 euro, carta di credito, bancomat e documenti. Il suo nome è Kebba: uscito dal programma dei richiedenti asilo di una cooperativa, saltuariamente lavora come cameriere e lavapiatti.


A smarrire il portafoglio è stato Christian Zarantonello, un  42enne di Schio che racconta così al Gazzettino la sua disavventura, conclusa al meglio. «Lunedì 28 agosto mi sono seduto sui gradini della chiesa di Santissima Trinità in attesa che le poche gocce di un rapido acquazzone cessassero. Nel ripartire verso casa ho lasciato sui gradini del sagrato il portafoglio e un paio di occhiali da sole. Solo al momento di andare a fare la spesa mi sono reso conto di quanto perso e così con agitazione sono tornato sui gradini della chiesa e come immaginavo non c'era nulla di quanto perso. Con una veloce ricerca su internet ho recuperato il numero di cellulare del parroco don Carlo Coriele, ma non era rintracciabile e così ho lasciato una messaggio.



Dopo le 21 don Carlo, impegnato nel campo scuola parrocchiale, mi ha chiamato per dirmi che portafoglio e occhiali era stati trovati da Kebba, un profugo del Gambia ospite della parrocchia che mi avrebbe aspettato la mattina successiva (martedì 29 agosto) per riconsegnarmi il tutto». Quindi? «Ieri ho incontrato Kebba che, accompagnato dal prof. Franco Venturella (in parrocchia segue l’accoglienza profughi) si è mostrato felice per avere sollevato le mie preoccupazioni». Questo episodio ha una morale? «Nei media, soprattutto in questo periodo, si proclamano allarmismi e diffidenze verso i diversi. Credo sia più che mai necessario dare testimonianza di simili gesti di solidarietà e fraternità. La chiamo fraternità perché nell'abbraccio con ho dato a Kebba mi sono sentito a casa, tra le braccia di un fratello». Ha ricompensato Kebba? «Immediatamente, ma non voglio pubblicità. L’ho ricompensato come si può fare nei confronti di un amico sincero». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino