Era accusato di aver sequestrato un bambino di 9 anni per avere indietro dalla madre una partita di droga da cinquemila euro. Una contestazione che rischiava di costare a Mirco...
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I fatti risalgono all'alba del 20 aprile 2016. Per la Procura, Ricci e la sorella si sarebbero presentati a casa della donna. Il pugile l'avrebbe colpita con un pugno alle costole e avrebbe portato via il bambino, nascondendolo a casa di un'amica in un residence in via di Val Cannuta, periferia ovest di Roma.
LA DENUNCIA
Ricci avrebbe minacciato di morte la donna che, spaventata, aveva deciso di sporgere denuncia. «Mirco Ricci e i suoi parenti, per costringermi a saldare un debito di 5.150 euro, hanno portato via mio figlio - aveva spiegato - custodisco della cocaina in casa per loro, ma dicono che una parte della droga è sparita e volevano subito i soldi». Erano così scattate le ricerche: pedinamenti e intercettazioni avevano permesso di ritrovare il bimbo che, secondo alcuni testimoni, era stato anche accompagnato a un allenamento di boxe in una palestra a Val Cannuta.
LA DIFESA
Ricci si è sempre dichiarato innocente, mentre il baby pugile, in audizione protetta, aveva dichiarato di non essersi sentito in pericolo: «Non mi ha rapito. Non mi sono sentito preso in ostaggio». Una dichiarazione che non aveva comunque convinto gli inquirenti, che avevano deciso di procedere con il giudizio per sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dalla minore età della vittima. I quattro imputati, finiti in carcere, hanno sempre respinto le accuse: «Quel bambino stava sempre con noi, specie con la zia, altro che rapito». Da Rebibbia, il boxeur aveva anche scritto una lettera contestando con forza la ricostruzione della procura: «Non mi sono sporcato con questo reato ignobile. Io amo ogni singolo bambino. I brividi più grandi da me provati sono stati quando li ho allenati, perché in loro rivedevo me stesso».
Dopo la sentenza di ieri, uscendo dall'aula assistito dagli avvocati Angelo Staniscia e Carlo Sforza, Ricci ha detto di sentirsi sollevato: «È finito un incubo. Sono libero. Ho passato due anni di inferno, trattato come un mostro. Adesso voglio solo tornare a combattere». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino