Ancelotti dice no all’Italia. Non si fida di quanto sta accadendo attualmente in via Allegri. Il fascino della Nazionale c’è, ma senza chiarezza è meglio...
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PALAZZO IN BILICO
Ancelotti, da Toronto, ha giocato d’anticipo, chiamandosi fuori già ieri (la Figc aspettava una risposta entro martedì). Una telefonata all’amico Costacurta per permettere alla Federcalcio di individuare subito l’alternativa: la principale è Mancini che tra qualche settimana lascerà lo Zenit. Fabbricini, però, tiene in corsa anche Ranieri.
L’ingaggio pesa sulla decisione di Carletto: la Figc gli avrebbe garantito, nell’accordo quadriennale, circa 4 milioni netti all’anno (più di 1 garantito dallo sponsor tecnico della Nazionale), anche se il M5S ha già fatto capire di essere pronto a mettersi di traverso. Ancelotti ne avrebbe voluti 5 (al Bayern Monaco, da esonerato, ne prende ancora 8: il contratto scade a luglio). Ma lo stipendio passa in secondo piano: lunedì l’allenatore non ha affrontato la questione nel colloquio con Malagò che ha preceduto quello con Fabbricini e Costacurta. È la spaccatura dentro il Palazzo ad aver allontanato Carletto dalla Nazionale: Sibilia, Gravina e Tommasi uniti contro l’attuale triumvirato. Meglio ascoltare allora le proposte dalla Russia, tra queste anche lo Zenit del rivale Mancini, e dalla Premier. Se Mourinho dovesse andare al Psg, c’è lo United.
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Il Gazzettino