ROMA - Le parole di Francesco Storace che definì, nell'ottobre del 2007, «indegno» il presidente della Repubblica rappresentano per il tribunale di Roma un caso di vilipendio...
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Proprio per questa parola l'ex parlamentare fu denunciato per vilipendio e l'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella autorizzò il procedimento penale. Storace chiese, inoltre, un incontro al capo dello Stato per chiedere formalmente scusa per quanto da lui detto. Con Napolitano avvenne l'incontro chiarificatore al Quirinale al termine del quale il Capo dello stato dichiarò chiusa la vicenda. «Sono l'unico italiano condannato per questo reato - ha commentato a caldo Storace - Questa è una sentenza su commissione. Ieri il Pd ha bloccato per voce della Finocchiaro ogni possibilità di discussione sull'abrogazione o modifica di questo reato anacronistico. Sarà contento Napolitano». Per la difesa di Storace, rappresentata dagli avvocati Giosué Naso e Romolo Reboa, la sentenza «in questi termini è inaccettabile». I penalisti hanno annunciato che attendono ora «le motivazioni per ricorrere in Appello».
La sentenza ha scatenato reazioni dal mondo politico. Per l'ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, «le parole che hanno determinato la condanna sono certamente ascrivibili» alla libertà di opinione. Per Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, il Quirinale «sarebbe dovuto intervenire» per «chiudere definitivamente il caso» mentre per Daniela Santanché, Fi, siamo in presenza di una sentenza «vergognosa».
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Il Gazzettino