Vazzoler resta ai domiciliari, non ammesse le prove della ex

Vazzoler resta ai domiciliari, non ammesse le prove della ex
IL PROCESSO PADOVA È proseguito, ieri nel primo pomeriggio davanti ai...

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IL PROCESSO

PADOVA È proseguito, ieri nel primo pomeriggio davanti ai giudici del Tribunale collegiale, il processo all'ex dentista Alberto Vazzoler alla sbarra per rispondere del reato di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio del denaro sporco. Il 52enne, jeans, camicia azzurra e scarpe da ginnastica di tela bianca, era presente in aula. Prima dell'inizio della nuova udienza, il presidente Nicoletta De Nardus ha sciolto la riserva sul materiale sequestrato dalle Fiamme gialle nel computer della ex compagna di Vazzoler, la padovana Elena Manganelli Di Rienzo. E ha rigettato la richiesta del pubblico ministero, Roberto d'Angelo titolare delle indagini, di poterle utilizzare durante il processo come prove contro l'imputato. Inoltre è emerso che Vazzoler continuerà a rimanere agli arresti domiciliari a Musile di Piave in provincia di Venezia a casa dei genitori. E ieri in aula, come per la prima udienza, ha parlato, raccontando l'intero operato delle Guardia di Finanza, il tenente colonnello Vittorio Palmese comandante del Nucleo di polizia tributaria. Il militare si è soffermato, in più occasioni, nelle intercettazione che di fatto secondo l'accusa hanno incastrato Vazzoler. Il giro d'affari del 52enne di San Donà di Piave, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ammontava a 110 milioni di euro: una fortuna. E ancora per gli investigatori, Alberto Vazzoler e i suoi complici, facevano partire bonifici dalle banche svizzere verso società fittizie nella Repubblica Ceca e Slovacca, per l'acquisto di lingotti d'oro. Poi altri bonifici venivano inviati a società con sede a Dubai. Qui, Elena Manganelli Di Rienzo riscuoteva in contanti il denaro e lo spediva di nuovo in Svizzera, a disposizione dei clienti dell'organizzazione. Vazzoler e i suoi trattenevano una percentuale tra il 5 e il 10 per cento. Avrebbero bonificato milioni e milioni di euro. I loro affari si sono impennati nel 2015 dopo la firma del protocollo d'intesa fra Italia e Svizzera che ha fatto cadere il segreto bancario. Ma i guai per il finanziere non sono finiti: è infatti ancora indagato in un'inchiesta bis sempre èer riciclaggio.

Marco Aldighieri
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Il Gazzettino