Una realtà importante per Venezia, anche in vista dell'entrata in funzione del Mose. E che ora rischia di chiudere, forse proprio per gli interessi che ruotano attorno alla...
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Ora Lalli torna farsi sentire perché Venezia non si lasci stappare anche questa sua eccellenza. «Thetis - ricorda - nacque con l'idea di creare un polo di saperi sulle tecnologie del mare, a servizio anche di un territorio che all'epoca era mancante di conoscenze intrinseche al suo ambiente». Un'idea che prima diede origine a un consorzio, poi - con la possibilità di restaurare una prima porzione demaniale di Arsenale - a una società. I soci erano Tecnomare, Fincantieri, Alenia, Ibm, Consorzio Venezia ricerche, Ismes e Iuav. Anni in cui Thetis «espresse grandi capacità - sottolinea l'ex presidente - con commesse in giro per il mondo, arrivando a occupare fino a 140 persone».
Ma nel 2008 il controllo di Thetis passò al Cvn, che acquistò le quote di Eni, subentrata a Tecnomare. «Il Consorzio voleva bloccare le giuste aspirazioni di Thetis di avere un ruolo nella gestione del dopo Mose - ricostruisce Lalli - Un'opera viva, con costi elevatissimi di manutenzione, cosa che agli addetti ai lavori era chiara da sempre. Il Consorzio ha sempre privilegiato le proprie imprese. Quindi Thetis poteva dare fastidio e ne fu acquistato il controllo». Iniziò così un'«operazione di progressiva distruzione della società, privilegiando solo i lavori del Cvn mentre il personale veniva tagliato».
Una situazione che con lo scandalo del Mose e l'arrivo dei commissari è peggiorata. «Tutto si è fermato - continua l'ex presidente - La gestione commissariale ha impedito alla società di andarsi a cercare commesse all'esterno. Mentre sullo sfondo restano gli interessi delle imprese di ingegneria del Consorzio che vogliono gestire la manutenzione dell'opera, magari andando a caccia dei tecnici di Thetis. Una società veneziana che conosce tutto del Mose e dell'ambiente lagunare, sarebbe indispensabile. Ad esempio, ora, potrebbe preparare la gara per l'impermeabilizzazione di Piazza San Marco. O lavorare sulla prospettiva del nuovo porto off shore. Invece vogliono chiuderla». L'appello di Lalli è allo Stato, alla Regione, alla Città metropolitana e al Comune, perché intervengano per salvare la società, prima che si distrutta: «Devono farsene carico seriamente, devono difendere il loro territorio».
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Il Gazzettino