«Thetis è un'eccellenza ma la vogliono chiudere»

«Thetis è un'eccellenza ma la vogliono chiudere»
Una realtà importante per Venezia, anche in vista dell'entrata in funzione del Mose. E che ora rischia di chiudere, forse proprio per gli interessi che ruotano attorno alla...

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Una realtà importante per Venezia, anche in vista dell'entrata in funzione del Mose. E che ora rischia di chiudere, forse proprio per gli interessi che ruotano attorno alla grande opera. «Se Thetis, oggi controllata dal Consorzio Venezia Nuova, sarà distrutta i lavori che potrebbe svolgere andranno ad altre imprese, magari dello stesso Consorzio, che non sono di Venezia». Parla chiaro l'ingegner Domenico Lalli, tra i fondatori di Thetis, di cui fu il primo presidente dal 1990 al 1998. Una vita dedicata all'ingegneria marina, ma anche una grande passione per Venezia, sua città d'elezione. Vent'anni fa, fu tra gli animatori di quel comitato Venezia vuole vivere nato per contrastare la procedura europea per la restituzione degli sgravi contributivi, ma anche per dotare la città di una normativa che riportasse le imprese in laguna. Obiettivi mancati. «E senza sgravi - annota amaro Lalli - anche le pochissime realtà che non erano legate al turismo se ne sono andate. C'è stato uno svuotamento di Venezia, di attività, ma anche di teste».

Ora Lalli torna farsi sentire perché Venezia non si lasci stappare anche questa sua eccellenza. «Thetis - ricorda - nacque con l'idea di creare un polo di saperi sulle tecnologie del mare, a servizio anche di un territorio che all'epoca era mancante di conoscenze intrinseche al suo ambiente». Un'idea che prima diede origine a un consorzio, poi - con la possibilità di restaurare una prima porzione demaniale di Arsenale - a una società. I soci erano Tecnomare, Fincantieri, Alenia, Ibm, Consorzio Venezia ricerche, Ismes e Iuav. Anni in cui Thetis «espresse grandi capacità - sottolinea l'ex presidente - con commesse in giro per il mondo, arrivando a occupare fino a 140 persone».
Ma nel 2008 il controllo di Thetis passò al Cvn, che acquistò le quote di Eni, subentrata a Tecnomare. «Il Consorzio voleva bloccare le giuste aspirazioni di Thetis di avere un ruolo nella gestione del dopo Mose - ricostruisce Lalli - Un'opera viva, con costi elevatissimi di manutenzione, cosa che agli addetti ai lavori era chiara da sempre. Il Consorzio ha sempre privilegiato le proprie imprese. Quindi Thetis poteva dare fastidio e ne fu acquistato il controllo». Iniziò così un'«operazione di progressiva distruzione della società, privilegiando solo i lavori del Cvn mentre il personale veniva tagliato».

Una situazione che con lo scandalo del Mose e l'arrivo dei commissari è peggiorata. «Tutto si è fermato - continua l'ex presidente - La gestione commissariale ha impedito alla società di andarsi a cercare commesse all'esterno. Mentre sullo sfondo restano gli interessi delle imprese di ingegneria del Consorzio che vogliono gestire la manutenzione dell'opera, magari andando a caccia dei tecnici di Thetis. Una società veneziana che conosce tutto del Mose e dell'ambiente lagunare, sarebbe indispensabile. Ad esempio, ora, potrebbe preparare la gara per l'impermeabilizzazione di Piazza San Marco. O lavorare sulla prospettiva del nuovo porto off shore. Invece vogliono chiuderla». L'appello di Lalli è allo Stato, alla Regione, alla Città metropolitana e al Comune, perché intervengano per salvare la società, prima che si distrutta: «Devono farsene carico seriamente, devono difendere il loro territorio».
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Il Gazzettino