Spaccio al parco: così i trafficanti portano la droga in pieno centro

Spaccio al parco: così i trafficanti portano la droga in pieno centro
I CONTROLLIBELLUNO Lo spaccio passa anche tramite i telefonini, oggetto culto da cui i ragazzi non si separano mai. Attraverso i cellulari chi vende sostanze stupefacenti ha gioco...

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I CONTROLLI
BELLUNO Lo spaccio passa anche tramite i telefonini, oggetto culto da cui i ragazzi non si separano mai. Attraverso i cellulari chi vende sostanze stupefacenti ha gioco facile: basta un messaggino che annunci il proprio arrivo a Belluno dalle città della pianura veneta, con la roba in saccoccia, e il cliente si fa trovare all'appuntamento. Tra le location preferite dai più giovani vi è il parco Città di Bologna. Dinamiche, queste, raccontate ieri in tribunale dove a processo per traffico di droga è finito Abderrazzaq Er Rabiay, nato in Marocco nel 1997.

LA TESTIMONIANZA
Uno di questi episodi è stato raccontato da due agenti delle Volanti che hanno pizzicato distributore e consumatrice. Lui nordafricano ma residente a Cornuda, lei invece bellunese del capoluogo. «La ragazza - hanno ricordato gli agenti - ci ha raccontato di essere stata contattata dal distributore via messaggio. Le ha fatto sapere che in un determinato giorno a seguire sarebbe venuto a Belluno e che avrebbe avuto qualcosa per lei. Ma lei, che in passato aveva fatto uso di sostanze stupefacenti, ha rifiutato l'incontro. Così lui ha insistito, cercando di vendere al meglio ciò che aveva da proporre». Così la giovane ha desistito e quell'11 novembre 2015 si presentò all'appuntamento.
L'APPUNTAMENTO
I due, assieme a un terzo amico (tutti poco più che maggiorenni e disoccupati), sono al Città di Bologna poco prima delle 14 quando una pattuglia della Polizia vi giunge per l'abituale azione di prevenzione del territorio proprio là, al parco, considerato uno dei punti focali dello spaccio a Belluno. I ragazzi, seduti nel gazebo posto a fianco dei giochi per i bambini, appaiono da subito nervosi e ai poliziotti ciò non sfugge. Tant'è che decidono di approfondire le generalità. La tensione è evidente: la ragazza, nell'estrarre la carta d'identità dalla borsa, trema. E mentre il primo poliziotto esamina i documenti, il collega rimasto in auto si accorge che la stessa, pensando di non essere vista, estrae anche un qualcosa che passa velocemente a Er Rabiay che a sua volta getta subito alle proprie spalle. Gli agenti raccolgono l'oggetto e comprendono facilmente, dalle fattezze e dall'odore, che si tratta di uno spinello di marjiuana (confermato poi dai laboratori scientifici della Polizia). I tre, a quel punto, vengono portati in questura. Ed è qua che la ragazza avrebbe raccontato agli agenti il metodo di accalappiamento, pur specificando che al parco si è diretta di propria volontà.
L'UDIENZA

Al processo di ieri la giovane non era presente mentre all'amico il tribunale non è riuscito a fare la notifica perché irreperibile. In aula solo l'imputato Er Rabiay (difeso dagli avvocati Valentina Mazzucco e Lucia Tomatis). Altra udienza il 19 ottobre prossimo.
Raffaella Gabrieli
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Il Gazzettino