Si erano spartiti i compiti come in un'azienda. I "capi" facevano i sopralluoghi

Si erano spartiti i compiti come in un'azienda. I "capi" facevano i sopralluoghi
Si erano spartiti i compiti come in un'azienda. I "capi" facevano i sopralluoghi per conoscere il territorio, capire quale banca mettere nel mirino e quali le migliori vie di...

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Si erano spartiti i compiti come in un'azienda. I "capi" facevano i sopralluoghi per conoscere il territorio, capire quale banca mettere nel mirino e quali le migliori vie di fuga; i dipendenti facevano i "colpi" con abilità e professionalità e poi c'erano le tesoriere che "investivano" il bottino. Insomma, un modus operandi chiaro, lontano da occhi indiscreti, ma che ha funzionato e che ha permesso di mettere a segno due rapine in altrettante banche e di tentare altri due colpi andati in fumo all'ultimo momento, tutti in un'area compresa tra le province di Venezia, Rovigo, Ferrara e Modena, puntando anche ad allargare il campo da Brescia a Trieste, ma senza successo.

Così, nell'àmbito dell'operazione Habituè, i Carabinieri del Nucleo investigativo di Venezia, guidati dai colonnelli Carmelo Graci e Giovanni Occhioni, e dal capitano Alberto Cavenaghi, coordinati dal magistrato Roberto Terzo, della Procura di Venezia, hanno tratto in arresto quattro persone per il reato di rapina in concorso con conseguente sequestro di persona e due sottoposte all'obbligo di dimora. A finire nei guai sono stati due siciliani, Marco Di Mauro, 52 anni, rappresentante di commercio per conto dell'Istituto poligrafico della Zecca, domiciliato a Padova, catanese e il suo concittadino, Francesco Guardo, 25 anni, pregiudicato, già in carcere a Prato per un omicidio compiuto nel luglio scorso quando aveva investito un giovane dopo un diverbio all'uscita di una discoteca di Aci Castello (Ct). Insieme a loro sono stati colpiti dagli stessi provvedimenti i componenti di una stessa famiglia di Chioggia: padre, madre e figlia. Si tratta di Andrea Gibin, 47 anni, impresario nel settore della nautica; la moglie, Silvia Ravagnan, 45 anni e la figlia, Serena, 28 anni. In manette anche l'ultimo membro del sodalizio, Stefano Voltolina, 51 anni, nativo di Milano, ma di Chioggia.

Secondo i Carabinieri di Venezia, il gruppo ha scorazzato tra le province venete e emiliane sul finire del 2015 mettendo a segno o cercando di rapinare una serie di istituti di credito tra Venezia, Rovigo e Ferrara inoltrandosi fino a Modena. Due i colpi messi a segno: il 25 novembre 2015 ai danni della Banca San Biagio del Veneto orientale a Ceggia che fruttò un bottino di 117 mila euro, e uno successivo il 27 novembre contro la Banca popolare dell'Emilia Romagna a Copparo (Fe) con 110 mila euro. Due, invece i tentativi andati a vuoto, dove la banda ha desistito all'ultimo momento per un contrattempo. Il primo caso il 30 settembre 2015 ai danni del Monte Paschi di Siena di Sant'Anna di Chioggia; il secondo, il 19 novembre contro la Cassa di risparmio di Ferrara a Porto Viro (Ro). In tutti questi episodi la banda agiva seguendo sempre gli stessi criteri giungendo davanti alla banca in prossimità dell'orario di chiusura: il gruppo di quattro uomini giungeva sul posto; Di Mauro e Gibin facevano da palo con i motori accesi a poca distanza; Guardo e Voltolina entravano in banca facendosi consegnare il malloppo sotto la minaccia di un taglierino o altra arma da taglio. Infine, prima di fuggire tutti i presenti, dipendenti o clienti, venivano prima derubati e poi rinchiusi in uno sgabuzzino o nei bagni. Oltre a questi episodi i Carabinieri, con la collaborazione dei colleghi di Modena, hanno registrato anche una serie di movimenti nella provincia emiliana, ma i tentativi della banda non hanno avuto esito positivo per l'intervento dei militari nei luoghi degli istituti di credito. Un sistema di deterrenza non tanto legato al caso, ma ad una serie di intercettazioni ambientali, analisi di tabulati telefonici, indagini investigative e pedinamenti vecchio stile che hanno permesso ai Carabinieri di Modena e di Venezia di essere sul posto nel momento giusto. Nell'operazione numerosi conti correnti sono stati posti sotto sequestro così come tre auto e una serie di cassette di sicurezza. Indagini sono in corso per verificare se il gruppo godeva di altri appoggi o fiancheggiatori.
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Il Gazzettino