Tra una partita a tennis e una a calcetto, tra una corsetta e un giro in bici, Matteo Renzi a Forte dei Marmi sta limando temi, strategie e timing della ripresa. Su due fronti....
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Detto così sembrano le solite parole. Ma se davvero, grazie all'asse con il presidente francese Francois Hollande e a «una presa di consapevolezza» di Angela Merkel e dei Paesi del Nord Europa («anche loro alle prese con recessione o crescita zero»), Bruxelles deciderà di cambiare verso, «molte cose potrebbero cambiare». E' infatti dal fronte europeo, con i conti italiani sempre più difficili da far tornare a causa del calo del Pil, che «potrebbe arrivare una boccata di ossigeno». Vale a dire: la maggiore flessibilità, ottenuta grazie alle riforme strutturali messe in cantiere e vistate dalla Commissione e dal Consiglio, potrebbe portare a un allentamento dei parametri. In primis quello che riguarda il piano di rientro del debito, con la possibilità di spendere nel 2015 tra i 4 e i 5 miliardi in interventi a favore della crescita. E altre risorse potrebbero arrivare da una riduzione del co-finanziamento nazionale che accompagna i fondi strutturali europei e dalla possibilità di non conteggiare nel deficit le spese buone per gli investimenti in settori giudicati strategici dalla Commissione: digitale, innovazione, ricerca, istruzione, trasporti, energia. «Affrontiamo questa trattativa con la massima determinazione - osserva Bonaccini - e abbiamo buone speranze di andare a risultato è ormai evidente a tutti che le politiche di austerity seguite finora hanno fallito».
Da come andrà l'offensiva europea, dove Renzi il 30 agosto si affaccerà con in tasca le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia, lo sblocca-Italia, il decreto-Poletti sul lavoro, la delega fiscale, il sì del Senato alla nuova architettura istituzionale («per essere credibili dobbiamo dimostrare che siamo i primi a fare le cose sul serio»), dipenderanno molte scelte economiche. E il mantenimento, o meno, delle promesse. Ad esempio se Bruxelles dovesse continuare a fare la faccia feroce, il premier sarà costretto a rimangiarsi l'impegno a non procedere a manovre correttive dei conti o a interventi sulle pensioni d'oro. E dovrebbe rinunciare del tutto al proposito di estendere a partite Iva e ai pensionati più poveri il bonus da 80 euro. Come diventerebbe ancora più difficile la partita della spending review: secondo i programmi, il prossimo anno i tagli alla spesa dovrebbero ammontare a 16-17 miliardi e a 32 in quello successivo. Una montagna. Tant'è, che senza novità da Bruxelles, tornerebbero d'attualità le dolorose sforbiciate alla Sanità e la rivisitazione delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali. E allora bye bye anche alla promessa di non aumentare le tasse.
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Il Gazzettino