LA TRASFERTA Sono pronti a scendere in piazza, oggi davanti a Montecitorio, e

LA TRASFERTA Sono pronti a scendere in piazza, oggi davanti a Montecitorio, e
LA TRASFERTASono pronti a scendere in piazza, oggi davanti a Montecitorio, e partono anche dalla provincia di Venezia per chiedere certezze sulle riaperture. La protesta di...

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LA TRASFERTA
Sono pronti a scendere in piazza, oggi davanti a Montecitorio, e partono anche dalla provincia di Venezia per chiedere certezze sulle riaperture. La protesta di ristoratori, baristi, titolari di pubblici esercizi è l'unica arma per sollecitare la riapertura dopo le perdite di questi mesi: per partecipare alla manifestazione (non autorizzata) di Io Apro si sono organizzati con pullman da tutte le province del Veneto. Vanno a Roma in auto anche i titolari dello storico Bar Perla in via Mestrina, noto per i tramezzini, che oggi sarà chiuso per manifestazione contro le restrizioni adottate dal Governo per contrastare il Covid-19. Con una perdita del fatturato del 44% nel 2020, quattro dipendenti in cassa integrazione, l'unico aiuto dalla proprietaria che ha dimezzato l'affitto, i quattro gestori di sessant'anni hanno deciso di partire in auto verso la capitale per protestare contro le chiusure. Il primo lockdown dell'anno scorso per loro è stata una doccia fredda: «Quando chiudi un'attività dall'oggi al domani dice Roberto Ciriotto - e stai fermo per mesi, tutto quello che hai nei frigoriferi viene buttato via. Gli aiuti del Governo, i ristori sono stati una miseria».

L'ASPORTO NON BASTA
Il locale ha attivato l'asporto a metà maggio 2020 con sofferenza per l'impossibilità delle persone di muoversi, e i dipendenti degli uffici quasi tutti in smartworking. «A orario pieno continua Ciriotto - ci è sempre stato impedito di lavorare. C'è stato solo un periodo, in cui si poteva consumare solo con plateatico all'esterno, ma poco all'interno. Questa situazione è insostenibile, mette a repentaglio uno dei settori economici più importanti del Paese. L'obiettivo del Governo sembra quello della distruzione della piccola media impresa, le fondamenta del nostro paese. Si stanno attuando dei provvedimenti incostituzionali». La manifestazione della scorsa settimana e quella di oggi a Roma rappresenta «una rivendicazione dei nostri diritti calpestati senza nessuna ragione». In questo momento i baristi sentono necessaria la compattezza di tutte le categorie del settore, che «sono in ginocchio».
PIÙ ATTENZIONE
«È fondamentale afferma Ciriotto una maggiore sensibilità da parte della classe politica, chiediamo solo di lavorare e far lavorare i nostri dipendenti. Ci aspettano tempi difficili con una disastrosa situazione occupazionale. Nel nostro piccolo abbiamo quattro persone in cassa integrazione. Noi siamo piccolissimi, ma a livello nazionale la situazione è grave, perché in Italia ci sono milioni di pubblici esercizi». L'asporto dei tramezzini, caffè, bibite con il tappo, qualche bicchiere in plastica di spritz, li ha salvati. «Nel 2020 - dice ancora Ciriotto - abbiamo perso il 44% del fatturato. Abbiamo resistito con i prodotti d'asportazione, ma quelli che vivevano con gli spritz o altre tipologie di locali, i ristoranti, c'è gente che da un anno non lavora, e adesso è alla canna del gas. I locali servono perché la gente si ritrovi, per passare qualche ora insieme, per staccare dal lavoro. C'è ancora il coprifuoco, nemmeno fossimo in guerra, ma i nostri nonni sono morti per la libertà».
A VENEZIA

Diversa la situazione a Venezia, una città d'arte come pensa Domenico Stanziani, proprietario del Ristorante Colombo in Calle del Teatro - che soffre di più, perché non c'è il turista. Il turismo in laguna è il mercato estero, colpito ancora prima della pandemia dall' Acqua Granda del 12 novembre 2019. «A Venezia - afferma Stanziani - non viene nessuno, la gente non esce dalle case. Capisco la necessità di sopravvivenza di città come Mestre, Milano, Roma, dove la popolazione è più alta, i gestori hanno famiglia. Ma a Venezia, anche se apriamo manca il turismo, e si tratta di aggravare la sofferenza di risorse economiche spese in affitto, bollette, fornitori: una riapertura per noi ha anche il costo del personale, conviene tenere chiusi. Sarebbe un ulteriore perdita. Abbiamo bisogno di ristori».
Filomena Spolaor
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino