LA STORIA MONTAGNANA «Nella salute e nella malattia». La promessa d'amore

LA STORIA MONTAGNANA «Nella salute e nella malattia». La promessa d'amore
LA STORIAMONTAGNANA «Nella salute e nella malattia». La promessa d'amore che si sono scambiati 64 anni fa si è avverata alla lettera. Lea e Angelo si sono ammalati insieme di...

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LA STORIA
MONTAGNANA «Nella salute e nella malattia». La promessa d'amore che si sono scambiati 64 anni fa si è avverata alla lettera. Lea e Angelo si sono ammalati insieme di Covid e sono stati ricoverati nella stessa stanza matrimoniale dell'ospedale di Montagnana, dove ci sono altre cinque coppie. Un bacio, un abbraccio, l'applauso degli operatori sanitari e in regalo una barchetta di peluche con su scritto Love boat, il battello dell'amore. «Piango dalla contentezza» dice Lea che stringe a sé il suo Angelo. Lea e Angelo Turato, coetanei di 86 anni, si sono ammalati contemporaneamente di coronavirus e insieme sono stati seguiti a domicilio dalle équipe Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) nella loro abitazione di Monselice.

Nei due anziani la tipica polmonite bilaterale causata dal virus presentava inizialmente un decorso a bassa intensità. Poi però il quadro clinico è andato peggiorando per via di un'insufficienza respiratoria. Così il 19 febbraio scorso sono entrati, sempre insieme, all'ospedale di Comunità di Montagnana, dove da mesi è presente un reparto Covid riservato ai pazienti in via di guarigione. I clinici hanno deciso di ricoverarli nella stessa stanza matrimoniale, con due letti e bagno privato. Perché la cura passa anche attraverso la relazione, quel sentirsi come a casa che fa bene non soltanto allo spirito ma anche al fisico.
LA VITA
Tre figli e una vita di lavoro: Lea nei campi, Angelo come falegname. La coppia vive a Monselice, dove farà presto ritorno. L'anziana si è negativizzata, e anche il marito viaggia verso la guarigione. Da novembre a oggi sono 170 le persone 6 le coppie ricoverate nella stessa stanza accolte in questo Ospedale di Comunità, struttura ponte con il territorio il cui obiettivo è riabilitare i pazienti che hanno affrontato un ricovero Covid in acuzie, usciti magari dalla Terapia intensiva o sub intensiva degli ospedali Covid, o i pazienti ricoverati all'ospedale di Comunità dopo un'iniziale assistenza domiciliare. Il personale sanitario, oltre alla professionalità, ci mette il cuore.
L'EQUIPE
«Noi puntiamo molto sulla relazione afferma la dottoressa Maria Beatrice Bettini, referente clinica dell'OdC Covid di Montagnana . I nostri infermieri, operatori socio-sanitari e fisioterapisti portano sempre dei regalini ai pazienti».
Come il battello rosso di peluche con a bordo due coniglietti bianchi che tanto ha fatto emozionare Lea e Angelo. «Investiamo molto tempo nel dialogo e nella comunicazione che consideriamo tempo di cura e di recupero riferisce la Bettini . Tutto il personale è vaccinato contro il Covid-19, così siamo più sereni e possiamo trascorrere il maggior tempo possibile a contatto con i nostri assistiti. A beneficiarne è il loro recupero». Aggiunge il neodirettore generale dell'Ulss 6 Euganea Paolo Fortuna: «La qualità di un'organizzazione sanitaria si misura non solo con l'appropriatezza e l'efficacia delle prestazioni rese ma anche con l'attitudine ad accogliere i pazienti, in particolar modo i più anziani e fragili, con quella disponibilità e quella tenerezza con le quali ciascuno di noi vorrebbe, da malato e da degente, essere trattato. L'efficacia di una terapia si misura anche con il termometro dell'umanità: il concetto che la relazione sia tempo di cura, e anche di gioia, sta prendendo piede non solo negli ospedali per acuti ma anche nei nostri ospedali di comunità, interfaccia tra ospedale in senso stretto e territorio. Perché la cura non è solo bianco o nero, ma risponde a una variegata tonalità di grigi».

Lo sanno bene Lea e Angelo e le altre coppie di anziani che stanno lottando contro il coronavirus, mano nella mano, nella stanza matrimoniale messa a disposizione dall'Odc. I benefici del ricovero di coppia erano già emersi gli anni scorsi, con alcuni casi apripista all'ospedale di Schiavonia: nel 2018 Elisa e Mario, anziani di Monselice e nel 2019 Emanuele e Fulgenzia, padovani, colpiti dalla stessa artrosi all'anca.
Maria Elena Pattaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino