«La partita più grossa per il Veneto è quella dell'autonomia. E ormai

«La partita più grossa per il Veneto è quella dell'autonomia. E ormai
«La partita più grossa per il Veneto è quella dell'autonomia. E ormai è una certezza costituzionale. Per questo non comprendo come la metà degli intervistati possa sostenere...

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«La partita più grossa per il Veneto è quella dell'autonomia. E ormai è una certezza costituzionale. Per questo non comprendo come la metà degli intervistati possa sostenere che Roma si opporrà. Perché magari si può discutere, forse, sulle materie di competenza, aggiustandone alcuni punti, ma non certo sull'autonomia».

Carlo Alberto Tesserin, già consigliere regionale di lungo corso e ora e primo procuratore di San Marco, una vita nell'amministrazione della regione racconta le aspettative per il futuro dell'area.
Cosa cambierà?
«Si potranno gestire vecchie e nuove competenze in modo più efficiente. E il Veneto potrà diventare una delle regioni più importanti a livello europeo. L'autonomia consentirà di trattenere le risorse che ora gestisce lo Stato per incrementare lo sviluppo produttivo di quest'area, così come per trattenere il futuro dei giovani nel territorio. Investendo nell'Università attraverso progetti concreti che permettano agli atenei di diventare competitivi in un contesto internazionale quanto ad innovazione».
Intanto, oltre allo scetticismo di una parte del Veneto sulla propria autonomia c'è anche la diffidenza di alcune regioni del Paese che temono tale evoluzione.
«Dovremmo far capire chiaramente che la nostra autonomia non comporterà alcuno svantaggio per altre regioni. Anzi, lo Stato avrà più tempo e risorse per seguire meglio altre aree. Perché avrà una regione in meno di cui occuparsi. E poi, sulla scorta del nostro percorso che sarà sicuramente virtuoso, potremmo diventare un modello positivo da seguire».
Punto di partenza?
«Gli investimenti nell'università e nella formazione che sono il futuro della nostra regione. È necessario puntare sull'innovazione e sulla ricerca, mettendo a regime un sistema di collaborazione tra tessuto produttivo ed atenei. Perché, se è vero che negli ultimi anni sono stati compiuti passi da gigante in tal senso, non si tratta di percorsi diffusi. La formula deve funzionare, invece, ad ampio spettro. Si tratta di realizzare un lavoro osmotico tra università ed aziende, con la Regione che ne garantisca e sostenga la collaborazione e il dialogo».

Annamaria Bacchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino