L'INTERVISTA TREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo

L'INTERVISTA TREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo
L'INTERVISTATREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo le vittime: fa parte del nostro lavoro. E poi la stragrande maggioranza delle persone scese in strada ha...

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L'INTERVISTA
TREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo le vittime: fa parte del nostro lavoro. E poi la stragrande maggioranza delle persone scese in strada ha manifestato pacificamente. Stiamo parlando veramente di una minoranza». Paolo Fratter, giornalista trevigiano e inviato di Sky, venerdì sera è stato l'involontario protagonista dei tafferugli scoppiati a Napoli tra manifestanti e polizia. Stava seguendo per l'emittente televisiva il corteo di protesta diretto verso la sede della Regione e nato per il coprifuoco imposto dal governatore campano Vincenzo De Luca per tentare di limitare il propagarsi del Covid. Chiusure che hanno esasperato tanti napoletani. E venerdì lui e gli operatori della troupe, Vincenzo Triente e Fabio Giulianelli, sono stati aggrediti a spintoni e calci da alcuni facinorosi. Sono stati minuti drammatici, andati in diretta su Sky. L'intero episodio si è concluso con qualche contusione e tanta paura. L'eco però è stato enorme. La scena di Fratter che cade sul cofano di un'auto dopo aver subito una spinta è stata molto forte. La condanna, unanime. Andrea Martella, sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri con delega all'editoria, ha espresso la sua solidarietà al giornalista trevigiano: «L'informazione è forza democratica. L'aggressione a Paolo Fratter di Sky Tg24, cui va la mia solidarietà, è vile e ci danneggia. L'informazione non si ferma».

Fratter, com'è andata?
«Abbiamo seguito il corteo fin dall'inizio. Era partito con poca gente, in modo tranquillo, poi poco a poco il numero dei manifestanti è aumentato. Il passa parola via social è stato determinante: la gente usciva di casa e si aggregava».
E la tensione aumentava...
«A un certo punto siamo stati aggrediti: prima verbalmente, poi spintonati, qualcuno ci ha lanciato degli oggetti. Io sono finito disteso su una macchina. Ci hanno anche dato dei calci e tentato di prendere la telecamera».
Vista la situazione vi siete allontanati.
«Sì, e di corsa. Finita la diretta un altro gruppetto ci ha incrociati e ha cercato di strapparci la telecamera, ma il nostro operatore è stato abile a divincolarsi. A quel punto volevamo solo tornare in albergo in sicurezza, ma non è stato possibile prendere un taxi. Fortunatamente non eravamo troppo lontani».
Qualcuno è rimasto ferito?
«Ferito no. Ci siamo però presi dei calci mentre un operato è stato colpito da un sasso a una gamba, ma fortunatamente senza troppe conseguenze».
Che idea si è fatto?
«Le fonti ufficiali dicono che nel corteo ci sono state delle infiltrazioni di esponenti della criminalità organizzata e di facinorosi appartenenti alle frange più estremiste del tifo. E penso che sia andata proprio così. Il corteo era formato per la stragrande maggioranza da gente pacifica, spaventata dal Covid, da quanto sta accadendo e legittimamente preoccupato per il futuro e che voleva solo farsi sentire».
È la prima volta che le capita una cosa del genere?
«Di questo tipo sì. Sono stato in Libano dopo l'esplosione che ha devastato il porto è ho seguito le manifestazioni dei cittadini, sfociate in scontri con la polizia. Ma lì la stampa, soprattutto internazionale, è ben vista da chi protesta, viene quindi tutelata perché è un mezzo per far conoscere le proprie richieste. Però, ripeto, quanto accaduto a Napoli rientra nei rischi del nostro mestiere. Nessun vittimismo».
Farete denuncia?

«Appena rientreremo in sede parleremo con i legali di Sky, qualcosa sicuramente faremo».
P. Cal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino