L'INTERVISTA
TREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo

Domenica 25 Ottobre 2020
L'INTERVISTA
TREVISO «Se abbiamo avuto paura? Sì, un po'. Ma non facciamo le vittime: fa parte del nostro lavoro. E poi la stragrande maggioranza delle persone scese in strada ha manifestato pacificamente. Stiamo parlando veramente di una minoranza». Paolo Fratter, giornalista trevigiano e inviato di Sky, venerdì sera è stato l'involontario protagonista dei tafferugli scoppiati a Napoli tra manifestanti e polizia. Stava seguendo per l'emittente televisiva il corteo di protesta diretto verso la sede della Regione e nato per il coprifuoco imposto dal governatore campano Vincenzo De Luca per tentare di limitare il propagarsi del Covid. Chiusure che hanno esasperato tanti napoletani. E venerdì lui e gli operatori della troupe, Vincenzo Triente e Fabio Giulianelli, sono stati aggrediti a spintoni e calci da alcuni facinorosi. Sono stati minuti drammatici, andati in diretta su Sky. L'intero episodio si è concluso con qualche contusione e tanta paura. L'eco però è stato enorme. La scena di Fratter che cade sul cofano di un'auto dopo aver subito una spinta è stata molto forte. La condanna, unanime. Andrea Martella, sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri con delega all'editoria, ha espresso la sua solidarietà al giornalista trevigiano: «L'informazione è forza democratica. L'aggressione a Paolo Fratter di Sky Tg24, cui va la mia solidarietà, è vile e ci danneggia. L'informazione non si ferma».
Fratter, com'è andata?
«Abbiamo seguito il corteo fin dall'inizio. Era partito con poca gente, in modo tranquillo, poi poco a poco il numero dei manifestanti è aumentato. Il passa parola via social è stato determinante: la gente usciva di casa e si aggregava».
E la tensione aumentava...
«A un certo punto siamo stati aggrediti: prima verbalmente, poi spintonati, qualcuno ci ha lanciato degli oggetti. Io sono finito disteso su una macchina. Ci hanno anche dato dei calci e tentato di prendere la telecamera».
Vista la situazione vi siete allontanati.
«Sì, e di corsa. Finita la diretta un altro gruppetto ci ha incrociati e ha cercato di strapparci la telecamera, ma il nostro operatore è stato abile a divincolarsi. A quel punto volevamo solo tornare in albergo in sicurezza, ma non è stato possibile prendere un taxi. Fortunatamente non eravamo troppo lontani».
Qualcuno è rimasto ferito?
«Ferito no. Ci siamo però presi dei calci mentre un operato è stato colpito da un sasso a una gamba, ma fortunatamente senza troppe conseguenze».
Che idea si è fatto?
«Le fonti ufficiali dicono che nel corteo ci sono state delle infiltrazioni di esponenti della criminalità organizzata e di facinorosi appartenenti alle frange più estremiste del tifo. E penso che sia andata proprio così. Il corteo era formato per la stragrande maggioranza da gente pacifica, spaventata dal Covid, da quanto sta accadendo e legittimamente preoccupato per il futuro e che voleva solo farsi sentire».
È la prima volta che le capita una cosa del genere?
«Di questo tipo sì. Sono stato in Libano dopo l'esplosione che ha devastato il porto è ho seguito le manifestazioni dei cittadini, sfociate in scontri con la polizia. Ma lì la stampa, soprattutto internazionale, è ben vista da chi protesta, viene quindi tutelata perché è un mezzo per far conoscere le proprie richieste. Però, ripeto, quanto accaduto a Napoli rientra nei rischi del nostro mestiere. Nessun vittimismo».
Farete denuncia?
«Appena rientreremo in sede parleremo con i legali di Sky, qualcosa sicuramente faremo».
P. Cal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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