INDUSTRIALI UDINE «Stiamo aspettando l'assemblea degli industriali di Pordenone,

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UDINE «Stiamo aspettando l'assemblea degli industriali di Pordenone, quando e se ci sarà». Ecco, con la sintesi della capo degli industriali friulana Anna Mareschi Danieli, il granello di sabbia che ancora manca da rimuovere per giungere alla Confindustria unica regionale, il primo punto del programma del suo mandato, che ancora però stenta a vedere una data di attuazione. La presidente non dà per persa la partita - «sembrava impossibile anche una Camera di commercio unica tra Pordenone e Udine», ricorda -, ma certo non nasconde che la questione non è semplice. «È stato sottovalutato il tempo necessario per il processo e la complessità stessa dell'accordo», ammorbidisce, anche se la Confindustria della Venezia Giulia ha già sottoscritto il protocollo messo a punto nel luglio scorso e così ha già fatto l'assemblea di Udine, con l'unica postilla che «le scelte strategiche si debbano prendere all'unanimità». Ora, dunque, si sta attendendo di capire «il tempo propizio» per la Destra Tagliamento, ma la convinzione che «fare squadra ha un senso per una regione come la nostra e l'unità ci farebbe diventare la 6ª Confindustria più importante d'Italia» ha indotto Mareschi Danieli a non stare solo in attesa e ad aprire nuove strade. «L'unità è il primo punto del mio programma», conferma infatti la giovane presidente di Confindustria Udine, e «se non sfondo» si cercano altre vie per perseguire un obiettivo considerato valido. Muove da questa logica l'accordo non scontato con Confapi, che ha portato alla federazione degli industriali friulani (800 associati a Confindustria Ud e 600 circa a Confapi), i quali insieme proprio l'altro giorno hanno tenuto a battesimo l'apertura di due sportelli locali di Sace, per supportare le imprese che esportano e internazionalizzano. Anche in questo caso una mossa contro il tempo, perché per aggiornare l'operatività della partecipata regionale Finest (dovrebbe poter agire anche nel Far East e oltreoceano) ci vuole un atto parlamentare e il tessuto produttivo non può aspettare. «L'economia è in totale frenata», certifica la presidente, che insieme ai suoi colleghi imprenditori «guarda con preoccupazione» alla possibile recessione anche della Germania, «il primo mercato di sbocco» per l'export del Friuli Venezia Giulia, che è stato ed è il turbo del Pil regionale. Tuttavia, sottolinea Mareschi Danieli, le proiezioni dicono che «l'export del Friuli Venezia Giulia continuerà a crescere, nonostante la frenata generale». In sostanza, la regione a più alta vocazione all'export in Italia (crescita del +10,5% a fronte di un +3.5% della media italiana) continuerà la sua cavalcata. «Anche depurando quel 10,5% dalla quota dell'export legato al settore navale specifica infatti la presidente -, la crescita è importante, +7,5%, il doppio di quella italiana». Su questo versante, dunque, «noi non ci aspettiamo cali». Perché se la Germania trema, l'export è comunque ad ampio raggio e naturalmente comprende anche la Cina, resa più vicina «attraverso il porto di Trieste». A inizio 2019, quindi, «l'internazionalizzazione» resta il cavallo di battaglia dell'industria friulana, anche perché «le previsioni sono per una domanda interna ferma» e quindi non ci sono alternative. Quanto alle prospettive occupazionali, Confindustria Udine ha fatto una ricognizione tra i suoi associati, saggiando le necessità d qui a 5 anni di 140 imprese che assorbono da sole il 50% della forza lavoro in provincia di Udine. Ebbene, «in questo quinquennio mancheranno 1.500 operai non specializzati, 450 ingegneri, 50 manager a livello di quadro' e più e alcuni vertici per il coordinamento aziendale». Quindi? «Bisogna scegliere l'Università pensando a un'ipotesi di lavoro», risponde Mareschi Danieli, e affrontare la questione immigrazione puntando «a insegnare la lingua e a una formazione, anche a bassa specializzazione, perché è assodato che certi lavori gli italiani non li vogliono più fare».

Antonella Lanfrit
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Il Gazzettino