Si chiude con una richiesta di condanna tutto sommato lieve la tormentata vicenda giudiziaria dell'ex sindaco di Roma Ignazio Marino: tre anni un mese e dieci giorni - sui quali...
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LA DIFESA - In realtà, proprio la strategia scelta nel rispondere alle accuse, spesso smentendo fatti noti o atti giudiziari, è stata probabilmente il principale punto debole del comportamento del sindaco quando l'anno scorso emerse prima la vicenda Onlus e quindi quella delle cene a spese dell'amministrazione capitoline. La prima denuncia nei confronti di Marino, presentata da Fratelli d'Italia e Movimento Cinque Stelle, parlava di sole sette cene pagate dall'amministrazione comunale, basata su una relazione fatta dagli uffici del Campidoglio. Dopo aver presentato e poi ritirato le dimissioni, una volta saputo di essere indagato per peculato, Marino si presentò a piazzale Clodio per essere interrogato dal pm Roberto Felici.
COLLABORATRICE INDAGATA - Qui ha fatto forse l'errore principale: invece di difendersi dall'accusa, l'allora sindaco disse che le firme sotto le richieste di rimborso spese erano firmate dai suoi collaboratori a sua insaputa. E' a questo punto che partono ulteriori indagini. I collaboratori del sindaco dicono al pm che era lui a consegnar loro gli scontrini sui quali chiedere il rimborso, Marino viene indagato anche per falso e, alla conclusione delle indagini, i convivi contestati passano da sette a cinquantasei. Nella rete delle spiegazioni alle quali la procura non ha creduto resta impigliata la collaboratrice Claudia Cirillo: conferma di aver accompagnato ad una cena di lavoro il primo cittadino che stando ad altre testimonianze era invece con la moglie. E' indagata per false dichiarazioni al pm e potrebbe essere presto rinviata a giudizio.
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Il Gazzettino