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TOKYO C'era una volta la scherma italiana. Quella che dominava nel mondo, che foraggiava il medagliere azzurro in ogni Olimpiade, che sfornava Dream Team come forse solo i colleghi del basket americano hanno fatto nella storia. C'era. Ora non più. Il tombale definitivo è arrivato ieri, quando la squadra di fioretto maschile, che era indicata tra le favorite per l'oro, è mestamente uscita al primo assalto contro il Giappone. Come già capitato molte volte sulle pedane della Makuhari Messe Hall in questi Giochi, gli azzurri sono stati a lungo in vantaggio e, se pur di una stoccata appena, hanno cominciato davanti (40-39) anche l'assalto decisivo tra Daniele Garozzo e Kyosuke Matsuyama. Ma il giapponese ha rifilato all'oro di Rio 2016 un 6-3 senza appello che ha buttato fuori l'Italia dai quarti di finale. E così, si torna a casa con tre argenti (Garozzo nel fioretto, la sciabola maschile a squadre e quella individuale di Samele) e due bronzi (i team femminili di fioretto e spada). Si dirà che a Rio le medaglie erano state solo quattro. Giusto, ma intanto c'era l'oro di Garozzo nel fioretto, non un dettaglio. Quel che conta è che bisogna andare indietro fino a Mosca 1980 per trovare un'edizione dei Giochi più amara di questa in pedana. Il presidente del Coni Giovanni Malagò parla di «risultati profondamente deludenti» e di «ambiente da ricostruire». Il numero uno della federazione Paolo Azzi annuncia il giro di vite: «da oggi gerarchie azzerate». E, sullo sfondo, c'è lo sfogo del ct del fioretto Andrea Cipressa che sui social risponde alla Di Francisca: «Basta insulti e faide interne», con tanto di «voltafaccia disgustosi» da parte di chi «ora sputa nel piatto in cui ha mangiato».
G.C.
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Il Gazzettino