I corrotti trattati come i mafiosi

I corrotti trattati come i mafiosi
I corrotti come i mafiosi. Le misure di prevenzione personale e patrimoniale applicate oggi solo ai reati legati alla criminalità organizzata, saranno allargate alla corruzione,...

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I corrotti come i mafiosi. Le misure di prevenzione personale e patrimoniale applicate oggi solo ai reati legati alla criminalità organizzata, saranno allargate alla corruzione, alla concussione, al peculato e ad un ampio numero di reati contro la pubblica amministrazione. La settimana prossima l'aula del Senato sarà chiamata a votare, dopo l'approvazione della Camera, la riforma del codice anti-mafia, un provvedimento che dopo un rapido avvio in Parlamento, era rimasto insabbiato per mesi a Palazzo Madama.

Le novità non sono poche. Soprattutto quelle che riguardano le misure patrimoniali. Se un soggetto è considerato socialmente pericoloso ed ha un patrimonio spropositato rispetto al reddito, la legge dà la possibilità ai magistrati di sequestrare tutti i suoi beni, senza la necessità di aver ottenuto una condanna definitiva in giudizio. Per i sospettati di appartenere ad organizzazioni criminali, c'è un'inversione di onere della prova. Non tocca a chi accusa dimostrare che il patrimonio è frutto di reati, ma a chi è accusato che non lo è. Secondo i dati forniti da Infocamere, il fenomeno delle aziende sequestrate usando il codice anti mafia ha raggiunto dimensioni rilevantissime. Oggi, ha spiegato il direttore generale di Infocamere, Paolo Ghezzi, ci sono 17.800 imprese sequestrate, nelle quali lavorano 250 mila persone e che generano un fatturato di 21 miliardi.
Non pochi dubbi sono stati espressi su un allargamento degli strumenti di prevenzione ad una gamma così vasta di reati: dal peculato semplice, alla corruzione in atti giudiziari, dalla concussione all'autoriciclaggio. Non solo. Per giustificare la sproporzione tra reddito e patrimonio, non si potrà più usare come scusa l'evasione fiscale. Per Nitto Palma, già magistrato e senatore di Forza Italia, questo allargamento indiscriminato andrebbe ripensato: «Se si modifica il codice anti mafia ad altri reati, come quelli verso la pubblica amministrazione, la logica vorrebbe che lo si facesse soltanto per i cosiddetti reati-spia», quelli cioè che in qualche modo ricollegano alla criminalità organizzata. Secondo Palma, i reati contro la pubblica amministrazione non andrebbero scissi da quelli di mafia. Difficile che il nuovo codice possa essere corretto. «Martedì», spiega il relatore del provvedimento, il Dem Giorgio Pagliari, «inizieremo con le votazioni. Sono stati presentati solo 80-90 emendamenti, i tempi dovrebbero essere brevi».

Il codice contiene anche molte novità sugli amministratori giudiziari e sull'Agenzia per i beni confiscati. È stato stabilito che nessun magistrato può affidare l'amministrazione di un'impresa sequestrata a un familiare fino al quarto grado, agli affini e nemmeno ai «commensali abituali». Nessun amministratore potrà gestire più di tre imprese. Ma la norma che più è stata avversata dagli amministratori giudiziari, è quella che prevede la possibilità per i magistrati di affidare la gestione delle imprese a dipendenti dell'Agenzia dei beni confiscati. Questo a determinate condizioni. La prima è che abbiano una laurea e siano esperti del settore. La seconda è che operino a titolo gratuito. Non è una novità da poco. Per le grandi aziende che hanno fatturati milionari, i compensi degli amministratori sono molto elevati perché, anche dopo la riforma, vengono calcolati in percentuale del patrimonio amministrato. Il punto sarà forse un altro. Dotare l'Agenzia dei beni confiscati delle necessarie competenze. Non è scontato. Non avendo risorse a disposizione per finanziare il provvedimento, il governo ha stabilito che il personale dell'Agenzia sarà reclutato attraverso la mobilità nella pubblica amministrazione. Non è forse il modo per selezionare i migliori.
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Il Gazzettino