Estate, luce, i corpi e il sesso da Kechiche un inno alla vita

Estate, luce, i corpi e il sesso da Kechiche un inno alla vita
Primo capitolo di una trilogia Mektoub, my love: Canto Uno, dove mektoub significa destino, si concentra soprattutto su Amin, un giovane tunisino che vive a Parigi e sogna di...

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Primo capitolo di una trilogia Mektoub, my love: Canto Uno, dove mektoub significa destino, si concentra soprattutto su Amin, un giovane tunisino che vive a Parigi e sogna di entrare nel cinema come sceneggiatore. Tornato nella sua città natale per le vacanze, tra vecchi amici e nuove conoscenze, soprattutto il cugino Toni e Ophélie, osserva un mondo dove trova difficoltà a collocarsi, specie nei crocevia amorosi, sbagliando spesso bersaglio o mostrando una timidezza innata, quasi esistenziale, di fronte alle esuberanze altrui. Il film, che dura circa 3 ore e nella versione uscita in sala è accorciato nel suo segmento finale dopo la proiezione all'ultima Mostra di Venezia, è un autentico tuffo dentro a questo mondo e queste vite, con lunghi blocchi-sequenza, dove lo sguardo del regista ha la stessa palpitazione degli accadimenti (in realtà non succede nulla) e dei dialoghi, in un ritmo forsennato, scandito anche da un'appropriata colonna sonora.

Aperto da una poderosa scena erotica, certo un dettaglio rispetto ai furibondi assalti della Palma d'oro ottenuta dal regista tunisino con La vita di Adèle nel 2013, echeggia frammenti di cinema rohmeriano e narrazioni care a Linklater, tramutando i corpi e la carne, il sole e l'acqua, i bar e le discoteche, e i lungomari dell'esistenza in un cinema che si fa energia. Amin (alter ego del regista, soprattutto nella lirica nascita degli agnelli) osserva ciò che scorre attorno a lui, in una diversità intatta di artista; e noi con lui. Forse la sequenza della discoteca era davvero troppo lunga e in fase di definitiva struttura è stata appunto accorciata; per alcuni l'insistenza verso il lato b femminile potrebbe dar fastidio, specialmente a un pubblico di donne, ma in un film che gronda erotismo è coerente. E insomma: se si mostra troppo si esagera, se si mostra poco si è pudichi; e allora è forse meglio la prima soluzione.

Resta un film come pochi, disarcionato da responsabilità narrative: è un'opera a suo modo radicale, che cerca la luce, come è da subito chiaro all'inizio, con quelle scritte tratte dal Vangelo e dal Corano. E la luce fu. (adg)
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Il Gazzettino