È una ricetta tanto affascinante tanto da apparire a volte incredibile: partite

È una ricetta tanto affascinante tanto da apparire a volte incredibile: partite
È una ricetta tanto affascinante tanto da apparire a volte incredibile: partite dal termine medievale come zéphyrum che deriva dall'arabo sifr (nulla) che a sua volta risale al...

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È una ricetta tanto affascinante tanto da apparire a volte incredibile: partite dal termine medievale come zéphyrum che deriva dall'arabo sifr (nulla) che a sua volta risale al sanscrito sunya (vuoto); zefiro è il nome di un vento di ponente leggerissimo che ha dato nome allo zero e alle cifre.

Aggiungete che i sumeri hanno inventato seimila anni fa le cannucce per bere birra, i fontanieri fiorentini nel 1600 le pompe aspiranti per l'acqua nei pozzi; e che Hoover comprando dal cugino nel 1908 il brevetto dell'aspirapolvere passerà alla storia perché il suo cognome in inglese è diventato sinonimo di aspirare. Poi mescolate con un pizzico di Aristotele, Heidegger, Kant, Leopardi e qualche spruzzo di Ulisse e Zemeckis: flaconi di filosofia antica e moderna.
Avrete la ricetta (quasi) perfetta della zerologia, una scienza-disciplina (quasi) moderna che è una delle voci dell'improbabile enciclopedia negativa immaginata da Umberto Eco. I cuochi di questo nuovo menù sono tre amici, nati nel 1962, tutti studenti del liceo classico Foscarini di Venezia diventati docenti di storia della matematica a Genova (Claudio Bartocci); di Fisica sperimentale a Padova (Piero Martin) e di storia della filosofia a Milano (Andrea Tagliapietra). In una lunga serata a cena hanno ripercorso una loro avventura zerologica, spiegando che le idee di zero, vuoto e nulla sono quelle che hanno garantito all'umanità scoperte, invenzioni, prospettive di futuro. E trasformando quelle ore in uno dei volumi destinato a diventare un bestseller della comunicazione scientifica considerati gli inviti che stanno collezionando a festival, meeting, conferenze e dibattiti per il loro saggio Zerologia. Sullo zero, il vuoto e il nulla (Il Mulino, 14 Euro). La macchina della conoscenza umana ha bisogno della grammatica del non per scoprire quello che non conosciamo, ma anche perché Nulla, vuoto, non essere servono per stabilire tutte le altre presenze umane e scientifiche, spirituali.

Dal lungo faticoso percorso indiano-persiano-arabo dello zero, intuito da babilonesi ed egiziani (uno spazio vuoto nelle tavolette di argilla, un cerchietto nei geroglifici) fino all'introduzione nell'Occidente medievale che non trovava più una bussola per i propri conti lo zero diventa numero vero e proprio probabilmente nel 628 proprio in India e lo racconta nel suo trattato il matematico Brahmagupta. E' la storia che racconta Bertocci portandoci dalle sponde del Gange fino alla teoria degli insiemi; alla quale segue quella di Piero Martin che accosta proprio l'invenzione della Aspirapolvere al periodo che va allo zero pratico, il vuoto. Vuoto che scientificamente viene usato e compreso proprio quando i suoi fondamenti fisici vengono scardinati della meccanica quantistica, all'inizio del 900. Se qualcuno temesse che la parte del libro dedicata al nulla (di Andrea Tagliapietra) e ai concetti della filosofia, presumibilmente complicati, non deve temere: il dialogo tra linguaggi in questo libro è un bel esempio di divulgazione scientifica. Nessuno di questi maturi ex studenti del Foscarini di Venezia dimentica la vita quotidiana: per questo le loro storie sono fatte con esempi di film, di citazioni di personaggi famosi, di esempi pratici che incontriamo nella vita quotidiana in cucina o in bagno. Se la zerologia è (anche) non senso Claudio Piero e Andrea consolano. Di fronte al nonsenso non si deve piangere ma piuttosto ridere. In fondo, nel non senso che screzia le insegne intellettuali dello zero, del vuoto e del nulla, si fa avanti con incedere leggero del gioco qualcosa che assomiglia al volto sorridente della nostra libertà. Mai letto niente di così piacevole in un libro di scienza.
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Il Gazzettino