È una mazzata forse mortale quella vibrata dal giudice di pace Mario Campili di Rovigo allo Scout Speed, l'autovelox "mobile" installato sul Fiat Doblò dei vigili urbani di...
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Ma non è finita qui. Il giudice di pace infatti censura apertamente anche un certo modo di procedere con le contravvenzioni. «Non bisogna mai dimenticare - afferma - che la prima finalità degli operatori di polizia deve essere la prevenzione degli illeciti e che la repressione deve essere solo eventuale e avvenire quando la prima finalità risulti vana». Il che non è esattamente ciò che, secondo questa impostazione, avviene con lo Scout Speedo. «Non si può certo affermare - prosegue infatti l'avvocato Campili -, a parere di questo giudicante, che le modalità di accertamento siano conformi al sistema suddetto, ma anzi che al contrario siano tese a derogarvi, poiché prevedono la repressone come modalità primaria e non eventuale. Sembra evidente che le auto della polizia, in questo caso, percorrano le strade in cerca di trasgressori, al di fuori dei normali sistemi di rilevamento. Si tratta di modalità di comportamento che, per tutti i motivi esposti, risultano illegittime e addirittura secondo la Cassazione penale potrebbero costituire un illecito penalmente rilevante». Il richiamo è a una recente sentenza della Suprema Corte secondo la quale «l'occultamento e la mancata segnalazione preventiva delle postazioni mobili di controllo sono elementi sufficienti ad affermare la sussistenza del fumus del reato di truffa». E poco conta, secondo il giudice, che i dispositivi siano omologati, dal momento che la fonte normativa primaria è il Codice della strada, che insiste sulla necessità della segnalazione delle postazioni. Unica deroga, ragiona il giudice, sarebbe quella di un inseguimento tra un'auto in fuga e quella delle forze dell'ordine, ma non è certo questo il caso, dal momento che s sta parlando di una vettura della Polizia locale che incrocia per le vie.
Del resto l'adozione dello scout speed sin da subito aveva suscitato pesanti perplessità anche da parte di sindaci della Bassa padovana. Il primo cittadino di Vescovana Elena Muraro per esempio aveva dato vita a una raccolta di firme online e aveva anche scritto alla Prefettura per informarla della situazione dopo che le prime raffiche di multe avevano cominciato a investire alcuni suoi concittadini.
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Il Gazzettino