BRUXELLES - (r.am.) Mario Draghi insiste: «La ripresa c'è ed è sempre più solida», ma nonostante questo «il sostegno straordinario della politica monetaria serve ancora»...
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Per fare il punto sulla stato della crescita Draghi guarda alla disoccupazione, «scesa al livello più basso dal 2009», e alla fiducia di consumatori e imprese, vista in salita. Ma «le pressioni sull'inflazione» e quelle domestiche dagli stipendi (che «crescono ancora troppo lentamente»), sono ancora «insufficienti a sostenere una duratura convergenza sull'inflazione verso l'obiettivo di medio termine». Che rimane appunto, il 2%. Ecco perchè «abbiamo ancora bisogno di condizioni del credito molto accomodanti».
Insomma, nonostante i «primi segnali di una ripresa dell'inflazione», è ancora «molto, molto presto per farci pensare di cambiare posizione sulla politica monetaria». Rimaniamo fermamente convinti che una quantità straordinaria di supporto alla politica monetaria è ancora necessaria per riassorbire l'attuale livello di risorse non utilizzate e perché l'inflazione rientri e si stabilizzi in modo duraturo intorno al 2% nel medio termine».
In questa situazione, però, anche gli Stati membri devono fare la loro parte. Serve «una crescita economica strutturale più ferma e ed elevata», dice Draghi. Ciò che serve è «una maggiore produttività», alimentata a dovere dall'innovazione. Per questo le riforme strutturali sono così «essenziali». Riforme fondamentali soprattutto per quei Paesi, come l'Italia, altamente indebitati e con una ripresa che fatica a decollare: «I Paesi con alto debito e poca crescita», sostiene dunque Draghi, «affronteranno un conto degli interessi più alto. Servono quindi «politiche di bilancio ma soprattutto politiche che aumentino la crescita».
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Il Gazzettino