Draghi avverte l'Europa: «Ora politiche di crescita»

Draghi avverte l'Europa: «Ora politiche di crescita»
BRUXELLES - (r.am.) Mario Draghi insiste: «La ripresa c'è ed è sempre più solida», ma nonostante questo «il sostegno straordinario della politica monetaria serve ancora»...

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BRUXELLES - (r.am.) Mario Draghi insiste: «La ripresa c'è ed è sempre più solida», ma nonostante questo «il sostegno straordinario della politica monetaria serve ancora» Eccome, dice il numero uno della Bce dal Parlamento europeo. Tanto per mettere le cose in chiaro una volta di più con i falchi della Bce sempre più in pressing perché Francoforte cambi marcia su tassi e Qe (il piano di acquisto dei titoli pubblici). Ma c'è un secondo messaggio, e forse è ancora più forte, che Draghi recapita all'Europa dall'emicilo del Parlamento Ue. «L'euro è irreversibile», ha ribadito. Ma «dobbiamo iniziare a pensare a come assicurare il futuro dell'area dell'euro con una costruzione più stabile e resistente senza timori circa possibili modifiche dei Trattati». E poi ancora: «Già prendere una decisione come questa, e cioè iniziare a pensare senza timori sui limiti dei Trattati», dice il presidente dell'Eurotower «sarebbe un grande progresso». Naturale però che, a una settimana da una riunione della Bce che rivedrà le stime sul Pil e sull'inflazione dell'eurozona, l'ultima fotografia di Draghi su crescita e prezzi sia il primo tema sotto i riflettori del mercato. Ed è stata sufficiente ieri a raffreddare ulteriormente le aspettative degli analisti sui tempi dello stop all'acquisto dei titoli e al rialzo dei tassi.

Per fare il punto sulla stato della crescita Draghi guarda alla disoccupazione, «scesa al livello più basso dal 2009», e alla fiducia di consumatori e imprese, vista in salita. Ma «le pressioni sull'inflazione» e quelle domestiche dagli stipendi (che «crescono ancora troppo lentamente»), sono ancora «insufficienti a sostenere una duratura convergenza sull'inflazione verso l'obiettivo di medio termine». Che rimane appunto, il 2%. Ecco perchè «abbiamo ancora bisogno di condizioni del credito molto accomodanti».
Insomma, nonostante i «primi segnali di una ripresa dell'inflazione», è ancora «molto, molto presto per farci pensare di cambiare posizione sulla politica monetaria». Rimaniamo fermamente convinti che una quantità straordinaria di supporto alla politica monetaria è ancora necessaria per riassorbire l'attuale livello di risorse non utilizzate e perché l'inflazione rientri e si stabilizzi in modo duraturo intorno al 2% nel medio termine».

In questa situazione, però, anche gli Stati membri devono fare la loro parte. Serve «una crescita economica strutturale più ferma e ed elevata», dice Draghi. Ciò che serve è «una maggiore produttività», alimentata a dovere dall'innovazione. Per questo le riforme strutturali sono così «essenziali». Riforme fondamentali soprattutto per quei Paesi, come l'Italia, altamente indebitati e con una ripresa che fatica a decollare: «I Paesi con alto debito e poca crescita», sostiene dunque Draghi, «affronteranno un conto degli interessi più alto. Servono quindi «politiche di bilancio ma soprattutto politiche che aumentino la crescita».
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Il Gazzettino