BERLINO - L'impressione è quella di un film già visto ma rispetto alla decisione dei giudici costituzionali in Germania di ricorrere alla Corte di giustizia europea contro il...
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L'alta corte tedesca ha rinviato ai giudici europei il compito di valutare il Qe lanciato da Draghi nel 2015 (e che dovrebbe durare almeno fino alla fine del 2017): un programma di acquisto di bond e altri titoli, che al momento impegna 60 miliardi al mese. Ci sarebbero «ragioni di peso» secondo i giudici tedeschi, per far ritenere che il Qe violi il divieto alla Banca centrale di finanziare gli Stati. Un dubbio subito rigettato dalla Commissione europea e dalla stessa Bce, che attraverso un portavoce ha reagito a caldo affermando che il programma rientra nel mandato. Anche a Bruxelles si è fatto muro: «La Commissione è convinta che la Bce si muova sulla base ed entro i limiti dei trattati». E oggi le ha fatto eco il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani: «La Bce ha rispettato i limiti imposti dal Trattato, dunque credo che la posizione della Corte costituzionale sia, da un punto di vista giuridico, infondata». Come noto, i tedeschi non la vedono così. La stampa nazionale ha dato ampio rilievo alle riserve di Karlsruhe, sottolineando però (Frankfurter Allgemeine Zeitung) che l'appello alla Corte europea, in genere molto conciliante, non servirà a cambiare le cose. «I giudici di Karlsruhe si comportano come Yin e Yang - ha scritto la Süddeutsche Zeitung - Lussemburgo più passiva, Karlsruhe più offensiva». Ma questi potrebbe essere positivo: «Yin e Yang, auspicabilmente, danno una spinta all'Europa».
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Il Gazzettino