Bruciato vivo nella sua roulotte autopsia sul cadavere di Stefano

Bruciato vivo nella sua roulotte autopsia sul cadavere di Stefano
Sarà il medico legale Ivana Cataldo, domani, a eseguire l'autopsia e i test tossicologici sul corpo di Stepjan Kocina, il 60enne croato trovato carbonizzato nella roulotte...

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Sarà il medico legale Ivana Cataldo, domani, a eseguire l'autopsia e i test tossicologici sul corpo di Stepjan Kocina, il 60enne croato trovato carbonizzato nella roulotte bruciata giovedì notte a San Pelajo, in un'area di proprietà della parrocchia. Le indagini, coordinate dal pm Mara De Donà, battono le piste dell'incendio doloso o colposo, sulle cui cause faranno chiarezza nei prossimi giorni i rilievi dei vigili del fuoco, anche se sembra sempre più evidente che ad aver causato le fiamme divampate all'interno del caravan in via delle Verine possa essere stato un mozzicone di sigaretta o un fornelletto a gas acceso dello stesso Kocina.

Il parroco di San Pelajo don Giuseppe Minto, ascoltato dalla Polizia, ha offerto la massima collaborazione. Kocina era un ex calciatore professionista con esperienze anche nel campionato tedesco. Era arrivato in Italia subito dopo la fine della guerra nella ex Jugoslavia a cui ha partecipato come ufficiale dell'esercito nazionale croato. Un'esperienza che avrebbe segnato profondamente Kocina. Si era stabilito nella Marca nella prima metà degli anni '90: per oltre 15 anni ha lavorato come addetto nell'edilizia. Sposato con una donna serba da cui si è separato, aveva contatti stretti con alcuni parenti in Croazia, in particolare con il fratello e con la figlia mentre con il figlio i rapporti sarebbero stati più tiepidi. Sulla strada Stefano, come lo chiamavano i parrocchiani, ci è finito dopo la crisi che ha investito il settore edile anche in provincia di Treviso. Per un po' di tempo è riuscito a cavarsela, poi l'impossibilità di trovare un'occupazione stabile lo ha fatto sprofondare nella povertà e nella marginalità sociale. Da quanto si è appreso, la roulotte in cui viveva l'uomo, la cui ultima residenza era nel Comune di Villorba, era parcheggiata solo da qualche giorno nell'area - di proprietà della parrocchia - che si trova adiacente ad una zona ora chiusa e recintata che era stata autorizzata in passato per la raccolta del ferro e per la quale il parroco di San Pelajo sarebbe stato in attesa di nuove autorizzazioni da parte del bacino Priula.
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Il Gazzettino