Arrivato a metà dei suoi 80 anni, Woody Allen continua a parlarci di sé e, con leggerezza, dei suoi problemi, di un uomo sul quale gravano da tempo accuse gravi sempre respinte,...
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Su questo esile canovaccio, che inizialmente strappa qualche sorriso ma alla lunga mostra un fiato corto, e con la consueta, straripante tavolozza di colori saturati di Storaro (qui al quarto film insieme), Allen irrompe con una specie di bignami riassuntivo del suo afflato cinefilo, con inserti in bianco e nero, dove finisce dentro i film della sua vita, come nel rovescio puntuale di La rosa purpurea del Cairo. Sfilano Bergman, Fellini, Truffaut, Godard, Buñuel, Lelouch (i titoli sono facilmente intuibili, quasi banali), dove solo la Morte di Christoph Waltz (Il settimo sigillo) comporta davvero un esilarante colpo di genio, grazie anche all'attore, che paradossalmente insegna come ritardare il suo incontro fatale. E, ovviamente, Allen si aggiudica un'opzione singolare: fare film.
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino