Parole choc del ragazzino violentato: «Mi puntava la pistola avevo paura»

Parole choc del ragazzino violentato: «Mi puntava la pistola avevo paura»
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SANTA GIUSTINA - «Gli avevo detto che non volevo, ma lui era molto più forte di me. E anche se avessi urlato l'avrei avuto lì vicino. Aveva la pistola, aveva le mie foto. Non sapevo come comportarmi se non stare a quello che lui voleva farmi». È una delle terrificanti testimonianze delle vittime di Bruno Minute, 28enne di Santa Giustina, che era finito nei guai per due violenze sessuali consumate a danni di minori e per 7 tentate, su ragazzini che avevano anche meno di 14 anni. In questi giorni sono state emesse le motivazioni della sentenza della Corte d'Appello di Venezia che ha rideterminato la pena in 6 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione. 

 
LE MOTIVAZIONI
Il 28enne doveva rispondere di 14 capi di imputazione, in continuazione: violenze sessuali, sostituzione di persona, violenza privata e detenzione di materiale pedo-pornografico (reato di competenza della Procura distrettuale, per questo il processo era a Venezia). «Aveva chiara la percezione della riprovevolezza sociale delle proprie azioni», dicono i giudici della Corte d'Appello veneziana. Ritiene che la prova della piena capacità dell'imputato sia proprio nelle trappole che preparava per le vittime. Ovvero nell'«aver approfittato delle condizioni di fragilità emotiva in cui le giovani vittime versavano, esercitando nei loro confronti forti pressioni ricattatorie», o ancora «attuando una strategia programmata e pianificata da tempo volta al proprio soddisfacimento sessuale». 
LA TATTICA
Minute avvicinava i ragazzini tramite Facebook, spacciandosi per donna Martina Mimì. Le indagini iniziarono nel 2015, quando una delle vittime, violentato quando aveva solo 12 anni, denunciò il fatto ai carabinieri di Santa Giustina. Il pedofilo agiva vicino ai locali notturni, anche a Sedico o alle scuole. Poi scattava la trappola su Facebook, dove si spacciava per una donna. Infine le minacce, anche mostrando una pistola finta che teneva alla cinta dei pantaloni. «Voglio fare sesso con te l'ultima volta - era uno dei messaggi inviati alle sue giovani vittime -. A me spaventerebbe morire a 15 anni...Avrai vita dura con me, te lo garantisco io». E ancora le minacce: «Allora dico a tutto che sei gay. Ho le prove, ricordati bene che alla discoteca Paradiso, finché io sarò là tu non entrerai più». 
LA DENUNCIA

Erano 9 le parti offese sia bellunesi che di fuori provincia, ma solo 2 si sono costituite parte civile con gli avvocati Roberta Resenterra e Liuba D'Agostini di Feltre e Lucia Crosato di Treviso, per le quali è stato deciso un risarcimento di 38mila euro. L'imputato era difeso dall'avvocato Pierluigi Cesa. Le indagini iniziarono nel 2015, quando una delle vittime, violentato quando aveva solo 12 anni, denunciò il fatto ai carabinieri di Santa Giustina. Venne sottoposto a una prima perquisizione in casa a gennaio 2017 con sequestro di tutto il materiale informatico, dove vennero trovate le immagini pedopornografiche. Le diffondeva nel gruppo whatsapp kid assed f.. con altri 20 amici. Nel dicembre del 2017 finì in carcere, ma non si fermò. A distanza di 10 mesi continuò a scaricare e diffondere foto e avrebbe anche violentato ancora un ragazzino, adescato sempre come Martina Mimì. 
Olivia Bonetti Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino