VENEZIA - Ora all’orizzonte c’è un futuro. Il «nulla osta» della Soprintendenza al posizionamento di ombrelloni amovibili nei plateatici dei...
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«Ombrelloni a San Marco»: la proposta dei gestori di locali scatena la polemica
«Mi sembra che la risposta sia interessante - risponde Claudio Vernier del Todaro, e presidente dell’Associazione Piazza San Marco - Noi ci stiamo organizzando e come abitudine faremo un progetto che sia uniforme, elegante e in linea con il decoro nostro e della piazza. Il 31 ottobre non è un limite che ci dà problemi, la accogliamo positivamente e vedremo se a livello statale verrà prorogata. Siamo contenti che ci sia stata questa decisione per venirci incontro, per riuscire a superare un momento difficile».
L’idea è di installare ombrelloni di tre metri per tre, smontabili e leggeri, color panna per rimanere in linea con i colori che già ci sono in Piazza. «Ci stiamo muovendo per capire se si trova un’azienda che li può produrre o noleggiare», chiude Vernier. Dall’altra parte della Piazza, Raffaele Alajmo del Gran Caffè Quadri - che due giorni fa lanciò il grido d’allarme - ora tira un sospiro di sollievo. «Dico grazie per la collaborazione perché hanno capito, adesso inizieremo finalmente a lavorare. Non è un’emergenza finta ma palpabile, basta camminare per la città: la Soprintendenza l’ha capito e li ringraziamo».
L’apertura della Soprintendenza ha messo d’accordo anche i critici e gli esperti d’arte.«In questa emergenza ogni cosa è lecita per ritornare alla normalità - commenta Vittorio Sgarbi - gli ombrelloni non danneggiano nulla e non starei nemmeno a questionare in futuro. Ai tempi di Canaletto in Piazza San Marco c’erano tutte le strutture per il commercio: la Soprintendenza ha fatto bene a non entrare nel merito e guardare alle necessità».
Sulla stessa linea anche Philpie Daverio: «È un’ottima idea perché se prendete i quadri di Canaletto erano pieni di bancarelle a San Marco. Sarebbero ancora più belli i tendoni in stile settecento, talvolta colorati a righe. In Canaletto e Guardi c’è tutto. Quelli della Soprintendenza basta che vadano al museo o su internet, vedrebbero il diritto che ci dà la storia di far rinascere ciò che è morto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino