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“Fate il vaccino antinfluenzale”, è il refrain che lo Stato, di fatto, rivolge ai cittadini, in quest’anno bisestile durissimo per l’emergenza Covid. Il problema è che mai come stavolta la popolazione sta rispondendo in massa, tanto che le dosi già non bastano più, nonostante lo sforzo importante dell’Ulss 3 Serenissima che per le categorie a rischio, con diritto alla gratuità, ne ha distribuite ai medici di medicina generale 167 mila contro le 104 mia dell’anno scorso (+40% rispetto al 2019). «Ne servirebbero altre 30 mila, altrimenti il 15-20% di pazienti rischia di restare scoperto», dice Maurizio Scassola, segretario provinciale della Fimmg, spiegando che tanto in centro storico, quanto in terraferma i camici bianchi stanno lavorando a spron battuto e le scorte iniziano a finire, comprese quelle della seconda tranche che l’azienda sanitaria ha consegnato in anticipo sul previsto in terraferma proprio per far fronte alla domanda. L’incremento esponenziale ha due motivazioni: prima di tutto perché secondo alcuni studi internazionali il vaccino antinfluenzale proteggerebbe dal contagio da coronavirus; in secondo luogo perché permetterebbe al medico di valutare meglio se il paziente malato sia stato contagiato da coronavirus dal momento che i sintomi in sostanza si sovrappongono. Dall’azienda sanitaria fanno sapere che se ci saranno ulteriori esigenze di fornitura sarà fatto tutto il possibile per soddisfare nelle prossime settimane le richieste da parte dei soggetti più a rischio, che possono avere il vaccino gratis: chi ha più di 60 anni; i malati cronici a rischio di complicanze; le persone che svolgono un lavoro di pubblica utilità a forte contatto col pubblico; i ricoverati in strutture di lungodegenza; i donatori di sangue; i bambini compresi tra i 6 mesi e i 6 anni d’età. Proprio a proposito dei bambini, i pediatri hanno comunicato che non sono disponibili ad effettuare le somministrazioni nei loro ambulatori. Lo aveva anticipato nei giorni scorsi il presidente provinciale di categoria, Vito D’Amanti, sostenendo che in tempi di pandemia le misure di sicurezza vanno rafforzate, le dotazioni aumentate, i tempi di lavoro dilatati. Di certo c’è che, nel contempo, è fallita la trattativa condotta con la Regione per una revisione dell’organizzazione e del riconoscimento economico richiesto. Così l’Ulss ha deciso di rompere gli indugi e di fare da sé. Sarà il Sisp, Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, a prendersi carico delle vaccinazioni dei bambini nei suoi ambulatori, delle proprie sedi (i distretti sanitari territoriali non sono invece coinvolti). La vaccinazione viene effettuata in due ipotesi: quando il bambino è inviato dal pediatra, se i genitori gliel’hanno chiesta, oppure se viene proposta e accolta alla famiglia nel momento in cui il piccolo viene convocato per effettuare le altre vaccinazioni ordinarie obbligatorie in età pediatrica. Con una specificazione: i bambini certificati per patologia, se già seguiti, vengono chiamati direttamente dal Sisp che nel suo programma di lavoro stabilisce inoltre le priorità secondo le esigenze dei bambini. Con questo sistema, le vaccinazioni pediatriche dovrebbero partire nei prossimi giorni, probabilmente ai primi di novembre. Infine, resta irrisolto il problema delle vaccinazioni per le persone che hanno dai 7 ai 59 anni che non rientrano nelle categorie a rischio e il vaccino devono comprarselo.
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Il Gazzettino