TREVISO - Bambine di nemmeno 14 anni con addosso il velo che copre praticamente tutto il corpo, lasciando scoperto solamente il volto. Sono quelle che frequentano il centro...
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LA VISITAEffettivamente le porte del locale della vecchia palestra tra via Salsa e via Rota sono sempre aperte. In entrata è appeso un cartello che dice che l'ingresso è consigliato solo agli iscritti. Pare qualcosa di minaccioso. Ma deve essere semplicemente il frutto di una traduzione imperfetta. Perché è sufficiente suonare il campanello per essere accolti dall'imam. Tecnicamente non è una moschea, ma la sede dell'associazione di Al Khair, che ha preso in affitto l'immobile. Nella sostanza, però, le sale al primo piano della palazzina di viale Brigata Marche sono un luogo di preghiera musulmana. In quattro anni il centro è diventato un riferimento per la comunità del Bangladesh di Treviso e dintorni. Ieri mattina c'erano una trentina di piccoli. Per la preghiera del venerdì arrivano anche 150: uomini, bambini e bambine, fino alle prime mestruazioni. Non le donne. «Perché l'estensione delle stanze non consentirebbe di accogliere tutti dividendo i fedeli per sesso», specificano. Negli altri giorni della settimana si insegna la lingua e la cultura del Bangladesh.
SEVERITÀEntrando non si ha l'impressione di essere in un posto dove vigono regole rigide e severe. C'è un'anticamera con alcune sedie e una serie di scarpiere. Sulle bacheche ci sono avvisi in arabo, bangla e italiano. Una volta che si sono tolti le scarpe, i fedeli entrano nella stanza della preghiera, coperta di tappeti. Bambini e bambine vengono divisi in due gruppi. Ma non tenuti a distanza. «Possono stare assieme senza problemi dice Mugumdar non ci sono atteggiamenti integralisti». Nel quartiere di Santa Maria del Rovere tutti sanno dell'esistenza del centro islamico. E non ci sono mai stati problemi di convivenza. «Neppure quando vengono in tanti per la preghiera del venerdì rivela Mauro Michielin, meccanico titolare dell'officina proprio accanto al centro parcheggiano senza creare confusione e si spostano in modo ordinato, anche se a volte attraversano la strada senza guardare troppo. Sappiamo che fanno qualcosa di simile al catechismo. Alcuni salutano. Altri no. Mantengono tutti un basso profilo». Il barbiere di via Ciardi la vede allo stesso modo. «Notiamo che passano musulmani vestiti con gli abiti della loro tradizione tira le fila Enrico Bianchin fino ad oggi, però, nessuno qui ha mai lamentato problemi particolari».
Mauro Favaro Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino