Crac Compiano: 36 milioni di euro spariti, ma non fu bancarotta: assolto

TREVISO - Quella di Luigi Compiano non fu bancarotta. E' questo l'esito, a dir poco clamoroso, dell'udienza preliminare svoltasi ieri davanti al gup Angelo Mascolo in...

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TREVISO - Quella di Luigi Compiano non fu bancarotta. E' questo l'esito, a dir poco clamoroso, dell'udienza preliminare svoltasi ieri davanti al gup Angelo Mascolo in cui l'ex patron del gruppo omonimo, fino a pochi anni fa colosso nazionale nel settore della sicurezza e vigilanza, aveva chiesto il rito abbreviato per i 10 capi di imputazione della presunta bancarotta fraudolenta relativa alle società Autocom, Assistel e Istituto di Vigilanza Compiano mentre per il crac della North East Service aveva deciso di affrontare il possibile rinvio a giudizio per poi dare battaglia a dibattimento.

 
Il giudice dell'udienza preliminare ha letteralmente smontato pezzo dopo pezzo l'impianto accusatorio costruito negli oltre 3 anni e mezzo di indagine condotta dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli: quella della Nes, i 36 milioni di euro in deposito nel caveau della società di cui Luigi Compiano si appropriò un euro dopo l'altro, non è infatti per il giudice una bancarotta per distrazione ma una mera appropriazione indebita e per questo reato - decisamente meno grave - l'ex patron è stato rinviato al giudizio che prenderà avvio il prossimo 9 maggio davanti al tribunale di Treviso in composizione collegiale. Mentre per quanto riguarda i 25 milioni relativi al dissesto delle altre tre società Compiano è stato assolto (l'accusa aveva chiesto la condanna a 5 anni) perché il 
fatto non sussiste. Assolti, sempre in abbreviato, i componenti dell'ex cda di Nes Filippo Silvestri, Angelo Monti,  Paolo Ricciardi e Fabrizio Ricoldi, difesi rispettivamente dagli avvocati Roberto Nordio, Alessandra Nava, Mario Nordio e Antonio Pagliano. Erano accusati di bancarotta semplice per non aver fatto nulla per pretendere il pagamento di circa 8 milioni di euro di crediti vantati dalla società e per non avere chiesto il fallimento per salvaguardare dipendenti e creditori quando già nel 2011 il default della Nes sarebbe stato scritto nero su bianco nei libri contabili. Anche per loro, per cui De Bortoli aveva chiesto la condanna a 10 mesi di reclusione, secondo il giudice dell'udienza preliminare il fatto non sussiste. Non resta insomma molto della minuziosa ricostruzione dei fatti che portarono al dissesto del gruppo così emerge dalle carte dell'indagine. 
I NODISecondo il pm De Bortoli i 36 milioni di euro entrati in deposito nel caveu di Nes sarebbero stati prelevati da Compiano, che di quelle trasfusioni di liquidità avrebbe pure lasciato tracce evidenti documentando con una sorta di contabilità parallela l'ammontare di quanto si sarebbe messo direttamente in tasca. Buste che arrivano, nell'ipotesi della Procura, direttamente alla sede di via Roma 20 a Villorba della società, che poi garantì la restituzione di quei soldi con assegni che fanno riferimento ai conti correnti della North East Service. Per gli investigatori quella era la prova che il denaro era entrato nella disponibilità di Nes prima di passare nelle mani di Compiano, il quale quindi li avrebbe sottratti al patrimonio dell'azienda di cui era il legale rappresentante. Un caso classico di bancarotta per distrazione, che per la Procura è pacifico anche alla luce di alcune sentenze della Corte di Cassazione. Tanto più che, ha argomentato De Bortoli durante il dibattimento, è Nes stessa che garantisce rispetto ai prelievi di Compiano. E siccome quel denaro Compiano non lo avrebbe utilizzato per la società ma per scopi propri, ad esempio l'acquisto delle auto d'epoca, si sarebbe di fronte ad una distrazione che, nel caso specifico, avrebbe inferto un colpo letale agli equilibri finanziari della North East Service e sarebbe stata coperta da scritture contabili redatte in maniera tale da occultare i prelievi stessi. 

LA DECISIONEMa per il gup Mascolo, che depositerà il proprio provvedimento di derubricazione del reato nei prossimi giorni, sembra valere di più la tesi del legale di Compiano, l'avvocato Piero Barolo. La difesa ha argomentato che i soldi nel caveau, depositati da vari clienti (tra cui Ikea, la banca marocchina Attijariwafa, Veneto Banca, Intesa San Paolo, Unicredit, Mondialpol Service, Mondialpol Bergamo, Mondialpol Milano, Vedette Due, Ipermontebello spa, Coop Service e Zurich Insurance, tutti costituitisi parte civile) non sono mai entrati a far parte del patrimonio della società perché si trattava di un deposito regolare e il denaro sarebbe in realtà sempre rimasto di proprietà dei depositanti, come peraltro si legge nelle tredici sentenze emesse già emesse sul punto della sezione fallimentare del Tribunale di Treviso. Quindi non si trattò di bancarotta ma solo di appropriazione indebita.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino