Treviso. Convinto di aver ucciso la sua ex, si impicca a un traliccio dell'alta tensione

Un traliccio dell'alta tensione nella zona di Monigo
TREVISO - In un macabro valzer di amore e morte lei tenta di uccidersi e viene strappata al suo destino dal compagno che poi si appende a un traliccio dell’alta tensione,...

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TREVISO - In un macabro valzer di amore e morte lei tenta di uccidersi e viene strappata al suo destino dal compagno che poi si appende a un traliccio dell’alta tensione, convinto di non essere riuscito a salvarla. Vicenda allucinante se ce n’è una, il cui epilogo è frutto di percezioni distorte, indotte dal consumo di droga. Al suo risveglio da uno stato di infinito torpore, la donna ha trovato l’amico in ginocchio, la corda da traino dell’auto stretta al collo, agganciata a un supporto d’acciaio. Era riuscito laddove lei aveva fallito, ma solo grazie al suo aiuto.




L’altalena mortale si è consumata mercoledì sera nei pressi di Monigo, lungo la strada di Castagnole, che da Treviso porta a Paese. Storia da film, in cui l’ultima scena è stato il risultato di ininterrotte sequenze di equivoci che la sopravvissuta, sotto choc, ha cercato in qualche modo di ricostruire agli agenti di polizia. La vittima è I.C., 44 anni, trevigiano, una vita nel mondo della tossicodipendenza. Si era incontrato con la sua ex per alcuni chiarimenti relativi al loro naufragato rapporto. Forse un tentativo di riavvicinarsi. La zona scelta è piuttosto discosta dal centro abitato, ideale per appuntamenti clandestini.



Ma presto le parole e le belle intenzioni rimbalzano sul duro terreno dei fraintendimenti, delle dispute e della depressione, quest’ultima agevolata dall’uso di stupefacenti. Anche l’altra sera, come in passato, la droga gioca un ruolo decisivo. Il racconto della sventurata è semplicemente agghiacciante. A un certo punto si sveglia trovandosi di fronte l’ex compagno privo di sensi, con una siringa conficcata nel braccio. L’uomo non reagisce, non risponde. Sgomento e smarrimento si impossessano di lei e la trascinano in un vortice emotivo che ben presto spazza le sue deboli resistenze. Così corre alla macchina, apre affannosamente il bagagliaio e comincia a frugare finchè trova quel che cerca: la corda da traino. Inizia a formare un cappio con l’intenzione di farla finita, lì dove la tiepida serata primaverile ha appena lasciato il posto a gelide sensazioni di abbandono.



Ma in quel preciso istante l’uomo rinviene. Confuso, intorpidito, non abbastanza però da non capire le sue intenzioni. Allora raccoglie le forze residue, la raggiunge e le strappa il cappio di mano colpendola con forza. Lei scivola, cade, sviene. In un terribile caleidoscopio di false verità, nulla sembra poterla rianimare ed è l’uomo, adesso, a perdere completamente la ragione. Si impossessa di quella stessa corda, se la stringe al collo, allaccia l’altro capo a un supporto metallico del traliccio. Si lascia andare, soffoca.



Quando la donna riprende i sensi se lo ritrova davanti così. E non c’è più spazio, nè tempo per riavvolgere il nastro di una tragedia senza senso. Lui pensava di trovarla di là, dall’altra parte, sotto un altro cielo, in un’altra vita. C’è finito da solo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino