Sei ore al telefono prima del delitto. Il pm: «E c'era un piano per fuggire»

PADOVA - Il giorno del delitto, il 15 gennaio dell'anno scorso, i tre a processo per l'omicidio di Isabella Noventa hanno comunicato al telefono cellulare tra loro per...

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PADOVA - Il giorno del delitto, il 15 gennaio dell'anno scorso, i tre a processo per l'omicidio di Isabella Noventa hanno comunicato al telefono cellulare tra loro per quasi sei ore. Oltre ventimila secondi tra chiamate e messaggini, prima di eliminare la segretaria di Albignasego. Questa è la prova schiacciante, secondo il pubblico ministero Giorgio Falcone, della premeditazione.


Ieri in aula, per la seconda udienza del processo in rito abbreviato, il magistrato ha definito il delitto di Isabella Noventa «un piano criminoso articolato a tavolino». Sempre puntando sulla premeditazione, il pm ha ricordato il giorno 15 dicembre del 2015, quando a Camponogara, in provincia di Venezia, è stata ricaricata la Sim card di proprietà del padre di Manuela Cacco. Sim card che è stata utilizzata proprio dalla tabaccaia, il 15 gennaio dell'anno scorso, giorno del delitto, per comunicare, a partire dalle 18, con i due fratelli Sorgato e organizzare la messinscena. Ovvero, passare sotto le telecamere di videosorveglianza del centro storico di Padova con addosso il giubbetto di Isabella, per fare credere che fosse ancora viva. E poi nell'accusa della premeditazione c'è, come lo ha definito il magistrato, «il piano B». I tre, nel caso fossero stati scoperti e arrestati, avevano ideato una sorta di via di fuga. I 124 mila euro trovati, insieme a due pistole, nell'abitazione del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Verde ex fidanzato di Debora il 7 marzo del 2016, sarebbero serviti ai tre per pagarsi gli avvocati...
 
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Il Gazzettino