«Pediatri, troppi tamponi ai ragazzi». Replica: «Intollerabile, evitiamo contagi»

«Pediatri, troppi tamponi ai ragazzi». Replica: «Intollerabile, evitiamo contagi»
PADOVA È guerra aperta sui tamponi ai bambini, richiesti da pediatri e medici di famiglia. Con il ritorno a scuola dei più piccoli, migliaia di genitori sono...

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PADOVA È guerra aperta sui tamponi ai bambini, richiesti da pediatri e medici di famiglia. Con il ritorno a scuola dei più piccoli, migliaia di genitori sono già alle prese con nasi colanti, colpi di tosse e temperature corporee in “zona rossa”. E se fino allo scorso anno si pensava subito a un raffreddore o una semplice influenza, oggi nel mezzo dell’epidemia il primo passo è verso il pediatra.

In questo quadro i manager della sanità puntano il dito contro la categoria, accusando i camici bianchi di prescrivere con troppa facilità l’esame per la ricerca del Covid-19, intasando così ospedali e distretti territoriali. La critica arriva dal direttore generale dell’Ulss 5, Antonio Compostella, nel corso dell’aggiornamento in diretta sull’andamento del contagio in Polesine. «Al momento i pediatri non visitano i bambini con possibili sintomi, ai fini della individuazione del coronavirus – ha detto ieri Compostella -. Eseguono unicamente un triage telefonico, quindi inviano all’Ulss per il tampone. I pediatri hanno spiegato le loro ragioni: non vogliono che in ambulatorio entrino casi sospetti, ma sicuramente questa situazione crea problemi, dal momento che non esiste più alcun filtro, per quanto minimo, prima del tampone».
RISCHIO

Secondo il direttore generale dell’Ulss 5, quindi, il rischio è che si creino disservizi e lunghe attese per l’esecuzione dei tamponi pediatrici. Dura la reazione della Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) del Veneto. «È intollerabile che si critichi il nostro operato - afferma il dottor Franco Pisetta, segretario Fimp Veneto -, noi siamo medici di salute pubblica e ci atteniamo alle norme di legge inserite nell’ultimo Dpcm. Basta un sintomo per motivare un tampone». Con il Covid-19 il triage telefonico è diventato ormai una prassi comune. «Dalla prima fase della pandemia abbiamo imparato che i casi sospetti non devono entrare in ospedali o ambulatori perché rischiano di infettare medici e pazienti – ricorda Pisetta -. Un bambino che ha anche un solo sintomo sospetto non entra in ambulatorio fino a quando non ha il risultato del tampone. Il numero di tamponi prescritti è uguale a quello dei casi sospetti che si presentano dal pediatra. Su base clinica è impossibile distinguere i sintomi Covid da quelli di una banale infezione virale. Si parla di febbre, tosse, cefalea, sintomatologia gastrointestinale, mal di gola, dispnea, rinorrea e congestione nasale. Il protocollo è identificato nel famoso rapporto 58/2020 dell’Istituto superiore di sanità, non ce la siamo inventato. Se, come accade nel 90% dei casi, il bambino è negativo, si procede alla normale presa in carico dal punto di vista assistenziale. Se positivo, il caso passa al Dipartimento di prevenzione». Secondo la Fimp mancano misure adeguate per gestire una seconda ondata di contagi. «Se per i direttori generali i pediatri prescrivono troppi tamponi, che si rivolgano al Ministero della Sanità – aggiunge Pisetta -. È da aprile che chiediamo al governo e alle amministrazioni una chiara gestione dello screening sui minori». Anche a Padova con l’avvio dell’anno scolastico c’è stato un boom di richieste di tamponi per bambini e ragazzi. Tra l’Ulss 6 Euganea e l’Azienda ospedaliera vengono eseguiti circa 600 tamponi al giorno, da zero a 17 anni. Per far fronte alla situazione, accanto al Pronto soccorso pediatrico padovano sono stati installati due prefabbricati per lo screening dei più piccoli. «La scuola deve essere un luogo sicuro – ha detto il dg Luciano Flor durante l’inaugurazione - se ci sono casi sospetti è bene fare un approfondimento. Ma mi sembra un po’ eccessivo che per ogni sospetto, o goccia al naso, si faccia il tampone perché così finiremmo per tamponare tutta la popolazione».
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Il Gazzettino