Solo elettrico dal 2035, allarme nel mondo dell'auto: «Lavoratori a rischio»

Un'auto elettrica
PADOVA - L’Europarlamento si è espresso: dal 2035 non saranno più prodotti motori (si legga veicoli) a benzina e gasolio. Una scelta dettata dalla viva...

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PADOVA - L’Europarlamento si è espresso: dal 2035 non saranno più prodotti motori (si legga veicoli) a benzina e gasolio. Una scelta dettata dalla viva necessità di combattere il cambiamento climatico, ma che suscita un drammatico grido d’allarme da parte del settore, che teme di dover assistere al canto del cigno di migliaia di aziende legate a vari livelli della filiera dell’automotive. Tra questi spiccano Confapi e Ascom.

I dubbi

Nel Padovano, secondo i dati elaborati da Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, la filiera comprende 240 imprese che danno lavoro a 2.200 persone. Sono il 23% delle imprese venete, a loro volta l’8% di quelle nazionali. Un settore che già pesantemente ha risentito del calo di vendite di veicoli durante la pandemia: le esportazioni di componentistica prodotta in provincia nel 2021 hanno toccato quota 331 milioni di euro, a fronte dei 523 milioni del 2019. «Non è escluso che nel 2026 l’esecutivo dell’Unione Europea possa riconsiderare il provvedimento – spiega a il direttore di Confapi Padova, Davide D’Onofrio –. Lo critichiamo con forza, considerando sbagliati sia i vincoli temporali che le modalità di attuazione. Fermare la produzione di veicoli benzina e diesel (motori endotermici, ndr) porta con sé una serie di conseguenze di cui la politica europea non sembra aver compreso la portata. Servono una visione condivisa sul piano ambientale e un piano industriale in grado di sostenere il comparto in un paradigma tecnologico in costante evoluzione. Rischiamo di smantellare un settore industriale di eccellenza, finendo per dipendere da potenze straniere». «Siamo i primi a dire che occorre occuparci della questione ambientale, ma siamo sicuri che sia questa la soluzione migliore per farlo – prosegue D’Onofrio –? Si fermano gli investimenti sui biocarburanti, molto meno inquinanti dei tradizionali, per consegnarsi a una tecnologia che potrebbe essere superata da nuove fonti energetiche come l’idrogeno. A essere danneggiate non saranno solo le grandi case automobilistiche, ma anche tante piccole imprese». «Questa decisione può mettere nei guai soprattutto l’Italia – fa eco Massimo Ghiraldo, presidente dei concessionari auto Ascom –. I pezzi di un motore elettrico sono infinitamente meno di quelli dei tradizionali e soprattutto l’Italia è ancora molto indietro con le infrastrutture, a a partire dalle colonnine di ricarica. Vero che il Ministero ha stanziato 713 milioni, ma è anche vero che la quota di mercato delle auto elettriche è scesa nel 2022 dal 4,6% al 3,7% e l’Italia ha rappresentato il peggior andamento tra i più grandi mercati d’Europa. Nessuno disconosce che ci sia un problema ambientale ma così si rischia di creare gravi scompensi».

Le voci

«La preoccupazione c’è, è una decisione folle – spiega Giancarlo Piva, titolare di Micromeccanica (40 dipendenti) che produce valvole per camion –. Prima occorre creare le condizioni per dare impulso al settore». «Noi siamo sempre riusciti a diversificarci – aggiunge Ermes Nicoletto che ha una modelleria a Vigodarzere con trenta lavoratori –, resterà sul mercato chi riuscirà a riconvertirsi. E poi non ha senso che a preoccuparsi dell’ambiente siamo soltanto noi, se in altri continenti non saranno prese misure analoghe». 

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Il Gazzettino